la parola della domenica
Anno
liturgico B |
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Dt
4,32-34.39-40 C'è un monte da cui contemplare, quello della Galilea. Il monte da cui contemplare il mistero della Trinità.
Perché
sul monte? Forse perché il monte nella Bibbia è il luogo
dello svelamento di Dio: ci sono meno barriere, lo sguardo spazia, l'aria
è trasparente. E
le parole - voi mi capite - sono grandi, ma attenzione a non lasciarci
ingannare, quasi fossimo in una coreografia grande, di gloria, di parate,
che so io, militari, scenografie potenti. Le grandi parole, il racconto di Dio, del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, le grandi parole di Dio vengono affidate alla pochezza di undici, pochezza del numero, pochezza della qualità della fede: dubitavano. E
mi sono chiesto se tutto questo fosse un caso, semplicemente un caso o
se non ci fosse un disegno, una motivazione profonda. E mi è sembrato
di coglierla in questo: il mistero della Trinità, affidato agli
illuminati, ai mostri di intelligenza e di perfezione, sarebbe diventato,
in mano loro, una verità, frutto di elucubrazioni, sarebbe diventato
un parto della loro intelligenza. Ho
usato l'espressione "abbracciati dal mistero" perché
mi sembra possa in qualche modo evocare il paradosso, il paradosso della
Trinità, dove il mistero è immenso eppure vicino, dove la
trascendenza di Dio non è lontana, non è fredda, non incute
timore, dove i nomi sono Padre, Figlio, Spirito. E invece no. Il racconto della Trinità è racconto per dire che Dio ci ha fatto a sua immagine, che Dio ha parlato dal fuoco, che ha liberato il suo popolo, che ci ha parlato e liberato nel Figlio, che ci ha fatto dono del suo Spirito. Guai, guai se irrigidissimo la formula "Padre, Figlio, Spirito Santo", se non la lasciassimo lievitare. "Dio"
- scrive una teologa - "è Padre accogliente, ma anche Madre
che nutre; è sposa da amare, ma anche Sapienza che invita al banchetto,
che chiama alla libertà. E dunque - pensate la bellezza - a noi è dato di sperimentare Dio, la Trinità dentro e non fuori, dentro questi nomi e altri, che ora abbiamo evocato. Dentro diversità che non siano autonomie impazzite, dentro comunioni di vita che non siano soffocamento dell'altro, dentro relazioni che siano abbraccio e riconoscimento dell'altro. A immagine della Trinità. |
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