la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella Festa della S. Famiglia
secondo il rito romano



 

 

Is 12, 1-6
Sal 127
1 Gv 1, 5-2,2
Mt 2,13.15.19-23

Siamo grati alla liturgia che ci permette di celebrare la festa della famiglia, sfuggendo ai nostri angusti orizzonti e aprendo cuore e mente agli spazi dilatati, suggeriti dalla Parola.

Con il racconto della fuga e ritorno dall'Egitto Matteo vuole, fin dall'inizio, inserire la vicenda di Gesù in una vicenda più grande, quella del suo popolo, a sua volta profugo in Egitto e liberato dall'Egitto.

Matteo applica a Gesù una citazione del profeta Osea che era riferita all'intero Israele: "Dall'Egitto ho chiamato mio figlio". Israele, figlio di Dio, chiamato dall'Egitto: come a dire una comunanza di destino. Gesù vuole essere una cosa sola con il suo popolo e quasi ne ripercorre le orme.

Sentirsi solidali con le vicende del proprio popolo! Questa intenzione che soggiace a tutto il mistero di un Dio che si fa uomo, dovrebbe farci pensare: noi forse stiamo perdendo questo senso di appartenenza ad un popolo, ad una umanità, siamo molto più individualisti; a volte immaginiamo e inseguiamo una grandezza che sta nel distinguerci: ci riteniamo grandi perché ci stacchiamo dagli altri, o perché stacchiamo gli altri.

Gesù che ripete le vicende del suo popolo ci insegna che la vera grandezza è "appartenere", è "essere solidali", assumere gli stessi destini.

Oggi - il Papa più volte lo ha ricordato in questi tempi- oggi accadono e stanno per accadere drammi di dimensioni bibliche -esodi di massa - a livello internazionale, tutto si consuma nell'indifferenza dei governi e dei singoli.

è vero che di fronte a certi drammi ci sentiamo a volte impotenti; ma un conto è l'impotenza, un conto l'indifferenza.

Sere fa, nell'incontro che l'Osservatorio Interconfessionale milanese ha promosso nella nostra parrocchia, sul dramma delle popolazioni dei grandi laghi, mi colpì profondamente la testimonianza di un prete, don Cesare Volonté, che vive sul posto questa tragedia, che ci diceva: "Non possiamo fare molto, non potremo arrestare certe tragedie annunciate. Possiamo però interessarci". E aggiungeva: "Chissà perché in certi aeroporti africani non si può atterrare portando aiuti umanitari, ma tutti sanno che di notte gli aerei atterrano portando armi fabbricate qui da noi".

Interessarsi, non girare pagina, non girare canale, è già un primo gesto di solidarietà, un primo passo per condividere un destino.

Ritorniamo al Vangelo.

C'è un'altra intenzione teologica che soggiace al racconto della fuga e del ritorno dall'Egitto. Matteo vuole dire che le mire dei potenti vanno in frantumi. Erode viene giocato dai Magi, Erode viene giocato da un uomo giusto ma inerme, Giuseppe, perché c'è qualcuno che veglia anche nella notte, quando noi dormiamo.

Ricordavo pochi giorni fa il bellissimo Salmo 121, dove si dice:

"Non lascerò vacillare il tuo piede
non si addormenterà il tuo custode.
Non si addormenterà, non prenderà sonno
il custode di Israele.
Il Signore veglierà su di te
quando esci e quando entri
da ora e per sempre".

Nell'uscita dall'Egitto Israele ha esperimentato un Dio custode, che non si addormenta. Oggi il libro di Isaia riprendeva il canto di vita di Mosè e degli Israeliti salvati dalla mano degli Egiziani. Il canto diceva:

"Mia forza e mio canto è il Signore, egli mi ha salvato".

Il Dio custode, il Dio che veglia. Anche su Gesù in fuga con Maria e Giuseppe, anche sulle nostre famiglie.

Ma permettetemi un'ultima notazione per chiudere.

Dire che Dio è custode, che Dio veglia, che Dio provvede non significa dire che l'unica parte è quella di Dio, che possiamo stare passivi perché tanto c'è lui a vegliare.

Il racconto della fuga in Egitto e del ritorno dall'Egitto viene anche a chiarire qual è la parte dell'uomo, della donna, la nostra parte. E Giuseppe, l'uomo giusto è quasi un simbolo della parte dell'uomo, di ciò che spetta all'uomo.

Innanzitutto ascoltare, ascoltare nella notte i sogni della notte. "Apparve in sogno" è scritto.
Sogni che non sono tanto delle visioni da interpretare, ma sono manifestazioni della volontà di Dio, voci che dicono non chissà che cosa deve succedere, ma che cosa dobbiamo fare: "Alzati, prendi con te il bambino, fuggi in Egitto... va nel paese d'Israele.

Che cosa vuol Dio da noi? Da dove uscire? E dove andare?

Ascoltare la voce nel silenzio è la prima cosa che tocca all'uomo, alle nostre famiglie.

E c'è una seconda cosa: Dio ti da la direzione, poi tocca a te, come a Giuseppe, studiare le strade, evitare le trappole, prendersi cura della donna, del bambino. Diventare anche tu un custode, come lo è Dio per te.

 

 


 
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