la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella solennità del Corpo e del Sangue di Cristo B
secondo il rito romano



 

 

Es 24,3-8
Sal 115,12-18
Eb 9,11-15
Mc 14,12-16.22-26

Questo è un mistero che celebriamo ogni domenica: il mistero del corpo e del sangue del Signore.
E quindi la festa del Corpus Domini non è una novità. Io vorrei leggerla così: come un invito a non perdere lo stupore.

A volte penso che si è vivi finché si è capaci di sorprenderci, di provare stupore per quanto ogni giorno avviene.

Anche le nostre Messe sono vive finché si è capaci di provare stupore: chiamare lo Spirito sul pane e sul vino e poi dire: "mistero della fede"!

E quando diciamo "mistero" - noi praticanti a volte lo dimentichiamo - diciamo qualcosa che ci sfugge.
Guai a quelli che fanno diventare una cosa l'Eucaristia, isolandola quasi fosse una cosa a sé, un altro Gesù Cristo, un secondo Gesù Cristo.

Gesù Cristo è uno, è il Gesù storico, che la sera del tradimento, nella grande sala al piano superiore, mentre mangiavano prese il pane... e poi prese il calice.

L'Eucaristia dunque non è un altro Gesù Cristo, ma è il vincolo tra noi e il Gesù della storia.
E, in questo senso, è affascinante leggere in trasparenza le letture di oggi che hanno - tutte e tre - come cifra ricorrente quella del sangue.

"Mosè" - dice il libro dell'Esodo - "prese il sangue e ne asperse il popolo, dicendo: Ecco il sangue dell'alleanza".

La lettera agli Ebrei: "...quanto più il sangue di Cristo purificherà la nostra coscienza".

E Gesù, nella sala al piano superiore: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza, versato per molti".

Dobbiamo confessarlo: la visione del sangue crea in noi un certo malessere, quasi stessimo male, solo a vederlo, a volte fino a svenire.

Ma l'immagine del sangue legata all'Eucaristia, è l'immagine di un sangue donato. Perdonate l'accostamento: per qualche verso vicina - l'immagine - a quella del sangue delle trasfusioni.

È il sangue che splende dell'amore. Dell'amore di Dio per noi. È il sangue che fa vivere.

Sangue dell'alleanza, dice la Scrittura. Segno dunque di un vincolo forte, un vincolo fino al sangue. Non è un vincolo sbiadito, un vincolo pallido, un vincolo "esangue" senza sangue, è un vincolo forte, perdonatemi l'aggettivo, sanguigno.

Non so se sempre lo pensiamo quando siamo qui la domenica: se pensiamo che siamo qui a rendere, nell'Eucaristia, vivo, sanguigno questo vincolo con Dio, non il Gesù storico, che non è un Gesù qualunque, è il Gesù di Nazaret che ha detto quelle cose e non altre, che pensava quelle cose e non altre, che fece quelle scelte e non altre.

In questo senso è illuminante la lettura dell'Esodo che vede il rito del sangue come a suggello di quanto era scritto nel libro.

"Mosè prese il libro dell'alleanza e lo lesse alla presenza del popolo. Dissero: "Quanto il Signore ha ordinato noi lo faremo e lo eseguiremo".
Il sangue dell'alleanza a suggello del libro dell'alleanza.

Così dovrebbe essere delle nostre eucaristie domenicali: il rito del pane e del vino come a riannodare il vincolo con gli orizzonti di vita proposti dalla Liturgia della Parola, come a riprendere il nostro impegno a vivere l'esistenza umana come l'ha vissuta Gesù.

Voi certamente mi avete capito: l'Eucaristia non è un rito avulso dalla vita; celebrandola nelle chiese corriamo anche questo pericolo. Pensatela nella sala grande al piano superiore, dentro una casa. Quasi vincolo a rinnovare noi stessi -in questo senso "sangue che purifica le nostre coscienze"- e a portare l'orizzonte del Vangelo nelle case, nell'esistenza quotidiana.

Vincolo, l'Eucaristia, a essere, a nostra volta, sangue versato e non sangue succhiato.

Voi mi capite, una vita nell'orizzonte della trasfusione e non dell'asfissia, togliere aria.

Ci è difficile in questi giorni staccarci dall'immagine dei 58 ragazzi cinesi morti d'asfissia in un camion frigorifero.
Asfissia o trasfusione?

 

 


 
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