la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo per la 7ª Domenica del Tempo Ordinario
secondo il rito romano



 

 

Lv 19,1-2. 17-18
Sal 102
1Cor 3,16-23
Mt 5, 38-48

Tradiremmo il Vangelo - ce lo dicevamo già la scorsa domenica - se leggessimo queste parole di Gesù come se fossero un prontuario di norme: un prontuario di norme da sostituire a un altro prontuario, più antico.

Gesù vuole semplicemente dirci: fa parlare in ogni situazione il cuore della legge antica e andrai al di là: al di là, per esempio, del "occhio per occhio, dente per dente". Cerca di capire in ogni situazione che cosa ti dice il cuore della Parola di Dio. Non è detto che in ogni situazione tu debba porgere la guancia. Quando capitò a Gesù di essere schiaffeggiato da una guardia durante l'interrogatorio di Anna e Caifa, Gesù non porse l'altra guancia; disse: "Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male, ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?" (Gv.18,23). Non c'è una risposta univoca. In ogni situazione - dice Gesù - fa parlare il cuore della Legge. O, se vuoi, in ogni situazione guarda le cose dall'orizzonte di Dio.

Oggi nei testi che abbiamo ascoltato c'erano due messaggi che indicavano l'orizzonte di Dio, quasi invito a non accorciare, a non appiattire l'orizzonte delle nostre scelte. Precisamente, nel libro del Levitico: "Siate santi perché io, il Signore Dio vostro, sono santo". E nel Vangelo di Matteo: "Siate perfetti com'è perfetto il Padre vostro celeste".

Io non so che cosa evocano nella vostra immaginazione parole come queste: "santità", "perfezione".

Quando ci sentiamo dire: "Siate santi", che cosa pensiamo? E quando ci sentiamo dire: "Siate perfetti", che cosa pensiamo? "Siate santi perché io, il Signore Dio vostro, sono santo"... e vi aspettereste chissà quale evasione misticheggiante. E invece, pensate quale concretezza! " Siate santi... non coverai nel tuo cuore odio contro tuo fratello... non ti vendicherai... non serberai rancore... amerai il prossimo tuo come te stesso".

La concretezza della santità. E anche l'altro invito, quello della perfezione, lontano da astratti e fumosi ideali di perfezione: il perfetto, così perfetto, da essere distaccato, inaccessibile. No: perfetti come il Padre! Che è un miracolo di misericordia. Tant'è che Luca sostituisce "perfetto" con "misericordioso". "Siate misericordiosi, com'è misericordioso il vostro Padre che è nei cieli". La perfezione è la misericordia. Non l'inaccessibilità, l'accessibilità del misericordioso.

Ci può essere, vedete, un'idea di perfezione che ci fa odiare la vita, perfezione non come misericordia, ma come pretesa: pretesa che tutto sia al massimo: noi, gli altri, il mondo. Ne parla il Cardinale Carlo Maria Martini in una sua lettera pastorale, citando Jean Vanier, quando dice: "Desideriamo vivere in un mondo perfetto, una comunità perfetta, una chiesa perfetta... Questa idea della perfezione ci spinge a negare le nostre ferite e a disprezzare quelle degli altri, a condannare una comunità che non è perfetta o non corrisponde al nostro ideale (...) È normale per noi non essere perfetti. Non dobbiamo piangere sulle nostre imperfezioni perché non veniamo giudicati per questo. Il nostro Dio sa che, da molti punti di vista, siamo zoppi e a metà ciechi (...) Possiamo aiutarci gli uni gli altri a crescere nella fiducia, la compassione e l'umiltà". (Cit. in "Ripartiamo da Dio!", pagg. 37-38). È la perfezione -capite- della fiducia, della compassione, dell'umiltà.

E ancora vorrei aggiungere -a proposito di "perfezione"- dicendo: "Sarete perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste", con quel "come il Padre" Gesù ci libera da ogni possibile angoscia e frustrazione. Perché chi potrà mai essere come Dio? E' la direzione - dice Gesù - che conta: non scoraggiarti. Nessuno sarai mai come Dio. Va in quella direzione.

Quale direzione? - per ritornare al Vangelo di oggi. Potremmo dire: andare al di là nei confronti del prossimo, al di là della perfetta corrispondenza: a tanto, tanto; a offesa, offesa, a favore, favore. Al di là come al di là va Dio, che non risponde al male con il male. Ma risponde al male del malvagio, mandandogli acqua e sole per il suo campo. Non è vero forse che il criterio che spesso ci guida è quello della restrizione? Quante volte tracciamo un confine tra un campo e l'altro, irrighiamo un campo e non un altro. Il nostro irrigare non assomiglia a quello della pioggia del cielo. Restringiamo, o forse sì, la restrizione la superiamo anche, ma se non c'è un'offesa di mezzo: ci è più facile amare un diverso buono che un parente che ci ha offeso. Ebbene, passate - dice Gesù - anche il confine dell'inimicizia.

"Io non ho nemici" potrebbe dire qualcuno. Ma vedete il nemico è colui con cui sei in conflitto. A volte nemici da amare possiamo essere noi stessi, perché tu puoi essere in conflitto con te stesso, in conflitto perché non ti va bene come sei, come la natura ti ha fatto. Il nemico con cui riconciliarti allora sei tu. Oppure nemico può essere la vita, perché sei in conflitto con la vita, non ti va bene così come ti è toccata. Ci sentiamo perseguitati. Il nemico con cui riconciliarti può essere allora la vita, la tua vita.

 

 


 
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