la parola della domenica
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liturgico C |
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14,20b-27 Il brano di Vangelo che oggi abbiamo ascoltato appartiene al capitolo tredicesimo del vangelo di Giovanni. Il capitolo tredicesimo inaugura quello che gli esegeti chiamano il libro della gloria, ha inizio il libro della gloria. E, infatti, nella prima parte del nostro brano è dominante il verbo "glorificare". Dove
sta dunque la gloria? Su chi Dio fa scendere la sua gloria? Quella gloria,
segno della presenza di Dio nella Bibbia, che era nube nel deserto, nube
che accompagnava il popolo, nube che abitava la tenda del convegno? "Ora" - dice Gesù - "il Figlio dell'uomo è stato glorificato": la gloria, la gloria di Dio è su di lui, sul Figlio dell'uomo. E il verbo è al passato, come a dire che è avvenuta già, in parte, la glorificazione. Ed è avvenuta "ora". Che cosa è successo? Se tu risali a ritroso a vedere che cosa è successo, se noi risaliamo a ritroso con le nostre vecchie categorie interpretative, secondo la comune accezione del termine "gloria", subiamo una sorta di "spaesamento". È la bellezza del Vangelo che non sta nell'ovvietà, ma disegna orizzonti nuovi e inediti. E ti porta fuori paese anche per quanto riguarda l'immagine della gloria. Subiamo uno spaesamento. Perché? Perché,
che cosa ha fatto Gesù per essere glorificato? Si è alzato
dalla cena, ha deposto la veste, ha preso un asciugatoio, se l'è
cinto ai fianchi. E poi, gettata dell'acqua nella catinella, cominciò
a lavare i piedi dei discepoli, ad asciugarli con l'asciugatoio con cui
si era cinto. Che cosa è successo? Questo è successo. E che cosa ancora è successo? Ha dato il pane al traditore, a Giuda, e lui sapeva, sapeva che l'avrebbe tradito. C'è
davvero da rimanere con gli occhi strabiliati. È uno spaesamento
totale. Quando uno fa questo, si accende la gloria, riposa lì la gloria di Dio, la nube della sua presenza. E
noi dove mettiamo la gloria? Per le vecchie strade mondane dell'ambizione,
del prestigio, dell'esibizione o lungo le strade nuove del Vangelo? È la novità, è lo spaesamento del Vangelo. E allora capite la seconda parte del brano che oggi abbiamo ascoltato, dove Gesù dà come un testamento. "Ora me ne vado", dice "vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi". Comandamento nuovo in che senso? Dove sta la novità del comandamento se già nell'Antico Testamento era scritto: "Ama Dio con tutto il tuo cuore" "e ama il prossimo come te stesso"? Dove sta la novità del comandamento di Gesù? Sta in quella piccolissima particella "come". "Amatevi come io vi ho amati". Amarci come Gesù ci ha amati. Amare
non è la prerogativa dei cristiani: uomini e donne, fuori del cristianesimo
-come non riconoscerlo?-, hanno dato prova di amore, prove luminosissime,
inequivocabili di amore. Ma
allora mi chiedo -lo chiedo prima di tutto a me stesso-: rimane limpida
in me la memoria di come ha amato Gesù? Perché a quella
memoria io sono chiamato ad ispirarmi. Allora
la parola amore non sarà più vaga, prenderà una concretezza
sconvolgente. Ho dato il boccone di pane a Giuda, non lasciatevi fermare dall'ingratitudine degli umani. Come io vi ho amati, così anche voi. |
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