la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo per la 5ª Domenica del Tempo Ordinario
secondo il rito romano



 

 

Is 58, 7-10
Sal 111
1Cor 2, 1-5
Mt 5, 13-16

"Voi siete il sale della terra". Voi e la terra: c'è un rapporto? fra voi e la terra? "Voi siete la luce del mondo". Voi e il mondo: c'è un rapporto? fra voi e il mondo? Ecco, sembra di leggere, sotto questa immagini evangeliche, un problema spesso dibattuto, forse anche ai tempi di Matteo e dibattuto anche oggi: quello del rapporto fra i cristiani e il mondo, il rapporto -così si dice- fede-storia. E sembra di cogliere sotto l'immagine evangelica subito un no, un no alla fuga: non in fuga dal mondo, dalla terra. Non a costruirsi una terra a lato, un mondo a lato, una comunità a lato: "Luce del mondo, sale della terra".

È un no alla separazione. Sembra di dire cose ovvie, quando si dice che i cristiani non devono fuggire nel deserto, separarsi. "Ma c'è un modo più sottile" - scrive un commentatore - "di separarsi dal mondo, ed è quello di vederlo in termini tutti negativi, di accentuare gli aspetti antievangelici, di condannarlo in blocco, per avere magari la gioia di sentirsi diversi, che tradotto vuol dire più bravi". (D.Pezzini) Allora non un mondo a parte, non una città a parte, non una comunità a parte e non l'arroccamento. Nel mondo. Ma -attenzione, dice il Vangelo- nel mondo, ma non insipidi, non senza sapore, non senza il sapore della vita, o se volete, non senza ciò che dà sapore alla vita, che è la Sapienza di Dio, che è Cristo, la Sapienza di Dio, ci ha detto oggi S. Paolo. Nel mondo, ma non spenti: siete la luce del mondo, lo siete se siete di Cristo. Nel mondo senza nascondervi, "la lucerna non sotto il moggio, ma sopra il lucerniere".

Sembra di capire allora che ai cristiani è chiesta una certa visibilità, non un adeguamento supino al mondo, essere alternativi ai falsi ideali del mondo. E si è alternativi non quando si grida, non quando si parla e si parla, ma quando si vivono nel quotidiano le beatitudini del monte. È molto significativo che Matteo, a differenza degli altri evangelisti, collochi queste parole di Gesù subito dopo le beatitudini. È così che si diventa sale della terra e luce del mondo, è così che si diventa alternativi, vivendo le beatitudini, vivendo il Vangelo. Non la contrapposizione per la contrapposizione... il fascino delle beatitudini: Anche il Cardinale Carlo Maria Martini ci invita in una sua lettera pastorale a essere nel mondo comunità alternativa. Ma ci mette subito in guardia dalle false interpretazioni.

Perdonate questo riferimento personale. In occasione della benedizione natalizia delle famiglie, abbiamo pensato quest'anno di dare notizia del nostro passaggio con un cartello nel quale si diceva anche che nel mutato contesto sociale e religioso qualcuno giustamente avrebbe potuto anche non desiderare questo gesto e nel caso ce lo segnalasse, per non recargli disturbo. Il cartello fu apprezzato da molti. Solo una persona mi disse: Ma quel cartello, ma che esagerazione! che eccesso di rispetto. Il cristiano è uno che disturba? Ma vedete l'equivoco, il fraintendimento: alternativi si diventa non perché disturbiamo, ma perché viviamo le beatitudini, alternativi si diventa non con la rozzezza, ma con il rispetto.

È quello che sembra suggerire il Cardinal Martini quando dà i tratti di una comunità alternativa e riprende i versetti che stiamo commentando questa mattina. Scrive:

"Come si può definire una comunità alternativa? È una rete di relazioni fondate sul Vangelo, che si colloca in una società frammentata, dalle relazioni deboli, fiacche, prevalentemente funzionali, spesso conflittuali. In tale quadro di società la comunità alternativa è la "città sul monte", è il "sale della terra", è la "lucerna sul lucerniere", è "luce del mondo"". "Chiamati" dirà più avanti, "a mostrare a una società frammentata e divisa che possono esistere legami gratuiti e sinceri, che non ci sono solo rapporti di convenienza e d'interesse". ("Ripartiamo da Dio!" n. 29 e 30)

Questo siamo chiamati a "mostrare".

Il verbo mostrare dice visibilità ma dice anche le opere. Non si mostrano le parole!
E così sfuggiamo a un duplice fraintendimento sulla visibilità.

Il primo è che visibilità evangelica significhi farci vedere. La visibilità evangelica significa far vedere e glorificare il Padre che è nei cieli. Non farci vedere, ma far vedere.

E il secondo fraintendimento è che visibilità significhi fare dichiarazioni, o persino far rumore. La luce non fa rumore e non violenta le cose, le fa vivere.

A che cosa servirebbero le nostre dichiarazioni, anche solenni, se non fossimo gente che ogni giorno accarezza la vita, gente nei cui occhi c'è un rispetto tenero per ogni vita?

 

 


 
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