la parola della domenica
Anno
liturgico B |
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2
Cr 36,14-16.19-23 "Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo". Come quel lontano serpente di rame, per chi lo guardava era la salvezza, così nei giorni del nostro cammino noi guardiamo il Signore crocifisso e troviamo in lui il segreto della nostra salvezza. Per questo i nostri occhi sono su di lui, per fissarlo nel nostro cuore, per non dimenticare mai: perché quella morte del Figlio dell'uomo stia in alto e sia la vera legge della storia dell'uomo, il modello. "Quando Mosè stava per costruire la tenda, Dio disse: guarda di fare ogni cosa secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte". Noi abbiamo costruito la nostra terra su alti modelli ed ora ne portiamo le conseguenze: portiamo i segni - un po' dappertutto - dei morsi del serpente. Ma
il modello - quello che fa sicure le costruzioni dell'uomo - è
il modello del monte, è questo Signore Crocifisso. È
ciò che ci fa cristiani, e fa cristiane le nostre chiese, le nostre
case, le nostre istituzioni. Se bastasse il battesimo per dirci cristiani, sarebbe facile dire chi lo è e chi non lo è. Se bastasse il crocifisso sulle pareti di una casa, allora sarebbe facile dire quali sono le case cristiane. La
verifica invece è questa: se la mia vita, la tua vita, questa chiesa,questa
casa è secondo il modello che ti è stato mostrato sul monte.
Noi sul monte che cosa abbiamo visto? Lo esortavano a salvare se stesso e non si è salvato. Lo esortavano a invocare il Padre perché lo salvasse... e il Padre non lo ha salvato. Questa
è la verità: la salvezza non viene attraverso i miracoli.
Siamo eredi di un cristianesimo che sogna i miracoli e si lamenta con
Dio quando non li compie. Cristo ha fatto i miracoli sul mare, sui pesci, sui ciechi e sui lebbrosi, ma il miracolo nuovo è questo Dio che non fa un miracolo per sé e rimane con le braccia aperte al Padre e al mondo. Contemplalo
il miracolo delle braccia aperte e senti che in questo abbraccio universale
ci sei anche tu. Questa
"dismisura" attrae. E anche noi siamo dentro questa attrazione.
Cominciò allora l'attrazione. Da quella Croce, su cui lui moriva; cominciò un movimento che non è più finito. Cominciò con quelli che erano i più lontani, il brigante appeso vicino a lui: "Ricordati, Signore, di me nel tuo Regno", il centurione pagano: "Veramente costui è il Figlio di Dio". Sì,
perché su quella Croce fu abbattuto il muro dell'inimicizia. Siamo noi che abbiamo bisogno di farci dei nemici. "I nemici li creiamo sempre noi con i nostri regimi delle verità, con la nostra brama di sicurezza, di onnipotenza, con la nostra non accettazione della debolezza e fragilità proprie di questa nostra appartenenza alla terra" (Enzo Bianchi). Ma questa non è la logica della Croce. Fedeli invece alla Croce, tocca ai cristiani abbattere ogni giorno ogni barriera, ogni frontiera, contraddire ogni giorno alla logica dell'inimicizia, quella logica che ci fa inventare gli avversari, e li va a individuare ovunque. E vorrei aggiungere - per finire - un'ultima riflessione: sulla Croce sembra di leggere anche questa verità, che l'amore è vulnerabile. Lo
stesso Dio, sedotto dall'amore per gli uomini, è diventato vulnerabile. C'è
un modo, un modo sicuro, infallibile per non soffrire, per non rimanere
feriti, per non essere vulnerabili, ed è quello di non amare, di
non esporsi, di non discendere, di stare sempre ai piani alti, di farsi
uno scudo, una corazza; -purtroppo abbiamo messo la croce anche sugli
scudi-, ecco, fatti una corazza di indifferenza per non essere vulnerabile. Vulnerabile per esempio Teresa di Calcutta, Teresa dei poveri, come il suo Signore, sedotta dalla dismisura, come il suo Signore, capace di attrarre tutto il mondo a sé, come il suo Signore. |
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