la parola della domenica
Anno
liturgico B |
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At
4,8-12 Faremmo un torto alla Bibbia, ai testi che abbiamo ascoltato, se oggi accomodassimo affrettatamente l'immagine del pastore buono alla figura dei preti, dei consacrati. C'è una rivendicazione d'assolutezza da parte di Dio, da parte di Gesù su questa immagine del pastore, quasi la rivendicazione di un marchio che appartiene in pienezza solo a lui, quasi un invito a non usare il nome di Dio invano, cioè a sproposito, non usare il nome del pastore a sproposito. "Io"
-dice Gesù - "io sono il buon pastore", il pastore "bello"
(kalo,j) secondo il testo greco, la bellezza del pastore sta in me, dice
Gesù. E l'apostolo Pietro è esplicito, nel brano degli atti che oggi abbiamo ascoltato. Notate la forza: "In nessun altro c'è salvezza. Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo, nel quale è stabilito che possiamo essere salvati". La
forza -diceva Pietro - che ha fatto rialzare questo storpio viene da lui,
viene da quella pietra che voi avete scartato, voi costruttori, voi sapientoni. Ebbene quest'anno ripercorrendo la metafora del pastore mi veniva spontaneo radunare -anche se l'operazione, lo ammetto, è riduttiva - radunare intorno a due parole le caratteristiche del pastore, due parole che sembrano in contraddizione, ma non lo sono: la fortezza e la tenerezza. Persiste
ancora -dobbiamo ammetterlo - una certa iconografia un po' dolciastra
del Buon pastore, come se il suo fosse un andare quasi passeggiando molle
con la pecora sulle spalle. Quando vide venire il lupo non abbandonò il gregge, non fuggì, lo difese fino a morire: se questa non è fortezza! E insieme la tenerezza del pastore che conosce ed è conosciuto. Gesù consolava e fasciava le ferite della vita e alleggeriva i pesi quando gli altri aggiungevano peso a peso, e rallentava il passo perché nessuno del gregge rimanesse indietro, neppure i più deboli. Fortezza e tenerezza, le due qualità che ancora oggi Gesù usa con noi; perché fortezza e tenerezza fanno il pastore. E
dobbiamo ricordarlo, anzi dovete ricordarlo a noi consacrati, che fortezza
e tenerezza fanno il vero pastore. Se
manca fortezza, se manca tenerezza, c'è usurpamento del titolo
di pastore. Fortezza
e insieme tenerezza. Ce n'è sempre più bisogno in un mondo
abbastanza spietato come il nostro. "La divina tenerezza è pace, pace misericordiosa, acquietamento. È
una mano dolce e materna che conosce, conforta, ripara senza trauma, rimette
nel posto giusto. È
dunque luogo sicuro, dove io smetto di fare paura a me stesso. L'altra
forza, quella che distrugge e uccide, non è che orgia della debolezza. |
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