la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella III Domenica di Quaresima
secondo il rito romano



 

 

Es 17, 3-7
Sal 94
Rm 5, 1-2.5-8
Gv 4, 5-42

Il pozzo di Sicar, il deserto, quell'ora improbabile -mezzogiorno-, un'ora improbabile in cui attingere l'acqua.

Improbabile l'ora! Perché la Samaritana esce a quell'ora? Forse c'è da scavare sotto la magia di quell'ora? Forse sì.

Improbabile l'ora. Ma -agli orecchi della donna samaritana- improbabile anche la domanda di Gesù, come se la richiesta del bere sottintendesse qualcos'altro: "come mai tu, che sei un giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?". Come se il chiedere l'acqua fosse un pretesto e l'intenzione fosse un'altra, come se nelle parole di Gesù si nascondesse una vera propria "avance": la donna ci era abituata, la sua femminilità conosceva questi passaggi sinuosi. Era forse l'inizio di un corteggiamento? Tutto poteva richiamarlo, perché nella Bibbia -e quindi nell'immaginario della donna- l'incontro al pozzo è un classico, è una "scena tipo" che diventa occasione di un fidanzamento.

Basterebbe scorrere la storia dei patriarchi -anche quella di Giacobbe e qui siamo al pozzo di Giacobbe- per sentire il racconto di futuri sposi, giunti da terre straniere, che presso un pozzo incontrano una ragazza, e l'incontro conosce attenzioni e gesti. Giacobbe, per esempio, da solo rotola la pietra della bocca del pozzo e poi abbraccia Rachele. E la donna, nei racconti dei padri, corre ad annunciare a casa sua l'avvenuto incontro; allo straniero è offerta ospitalità. E poi il fidanzamento, e poi il banchetto. E quindi il pozzo -anche quello di Sicar?: ce lo chiediamo- come luogo di corteggiamento? La donna, la donna di Samaria, aveva conosciuto il corteggiamento nella sua vita, ma aveva conosciuto anche l'inaridimento -cinque matrimoni falliti alle spalle-; storia, la sua, di una brocca vuota. E questo andar avanti e indietro al pozzo, il pozzo quello dell'acqua e quello dell'amore. Attingere e poi ritrovarsi con la brocca vuota.

Ma quel giorno al pozzo nell'ora più calda del giorno accadde qualcosa.

Accadde un corteggiamento diverso -sì, perché anche Dio, ci corteggia!-. Così diverso: da cambiare la "routine" spenta della sua vita. Dove il fascino dell'incontro? Se voi ripercorrete il brano, vi colpirà l'assenza di gesti.

Lo svelamento, lo svelamento di Dio, -la parola "Io sono" dice lo svelamento di Dio- avviene nell'incanto di quelle parole.

"Quando verrà colui che deve venire" -aveva detto la donna- "ci annuncerà ogni cosa". E Gesù: "Sono io -"Io sono"- che ti parlo".

Come dire: mi svelo parlando.

E la donna doveva essere stata colpita, affascinata da questo, dalla Parola, se ai suoi concittadini è corsa a dire: "venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto".

Quelle parole erano state parole al cuore, parole sul cuore, le aveva parlato sul cuore. Erano parole diverse.

Primo perché la Parola di Dio non ti svergogna, ma ti restituisce fiducia. Che uso avremmo fatto noi della notizia dei cinque mariti? Sarebbe stata un'occasione ghiotta per discorsi moralistici a non finire!

Ma Dio non svergogna, non butta in pasto alla pubblicità i tuoi errori. Non così il Dio della Bibbia. Ricordate la tenerezza di quel gesto che sta all'inizio, quando Dio a Adamo e alla donna, nudi per il peccato, fece vesti di pelle e li vestì. La tenerezza di un Dio che copre la tua nudità, copre la vergogna, copre i sensi di colpa, il Dio che perdona e fa grazia.
La Parola di Dio non svergogna, copre la nostra vergogna.

Ma c'è un secondo aspetto: il fascino di una parola che ti libera. Ti libera proprio nell'atto in cui ti svela dov'è la radice dell'inaridimento - l'inaridirsi dei rapporti: i cinque mariti -.

L'inaridimento è non avere l'acqua dentro di te, è non parlarsi al cuore, il rapporto ridotto a consumo: pensate come anche nella nostra letteratura ecclesiastica, canonica, si parli ancora di matrimonio "consumato" o "non consumato". Che brutta cosa.

La Samaritana, al pozzo del corteggiamento, aveva conosciuto l'incanto di una parola che non ti fa cosa, cosa da consumare, che ti contempla teneramente in tutta la tua dignità e bellezza.

Così la Parola di Dio in questa quaresima, così le nostre parole nella vita.

 

 


 
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