la parola della domenica
Anno
liturgico A 6 novembre 2011 |
|
|
Sap
6, 12-16 (Vg 6,13-17) La parabola ha immagini di struggente poesia. Il buio della notte, il grido nel cuore della notte: "Ecco lo sposo!", e una scia di luci, le fiaccole accese, volti di donne accesi dal bagliore delle fiaccole, il volto del Signore che prende luce, fuoco dal bagliore delle luci, nella notte. La poesia della parabola. Ma anche una sua durezza, una durezza che inquieta. Una durezza che in qualche misura ci urta, la durezza delle ragazze sagge: "non avete olio? andate a comprarlo". Non era questo l'atteggiamento contro cui Gesù aveva lottato il giorno in cui davanti a una folla affamata i suoi discepoli lo invitavano a congedarla? Dicevano: "congedali e vadano a comprarsi il pane in città". Una
certa durezza che fa disagio e ci urta, è anche nello sposo, che
all'invocazione: "Aprici!", risponde tenendo chiusa, sprangata,
sbarrata nella notte, la porta. Non aveva forse detto Gesù: "Bussate
e vi sarà aperto"? Si vuole invece insistere sul "caso serio" della vita, sull'urgenza di una sapienza e di una vigilanza, per non perdere le occasioni favorevoli della vita, per non perdere l'ultima -ultima nel senso della più importante- occasione della vita, che è l'incontro con il Signore, che tarda, ma verrà: "ciò che tarda, avverrà". C'è
qualcosa da scoprire nel simbolo delle cosiddette lampade e dell'olio
per accenderle. "Non si tratta" -diceva l'Arcivescovo riferendosi alle giovani stolte- "di una imprevidenza causata dal ritardo dello sposo, ma di una incomprensione totale di come va accesa una fiaccola: è una stoltezza quasi iperbolica e mostra che hanno perso completamente il senso del loro servizio" (C. M. Martini, La pratica del testo biblico, pag. 253). Nella vita, sembra dire la parabola, può accadere di addormentarsi, a motivo del ritardo del Signore. Succede a tutti. A volte il sonno è dovuto alla pesantezza della vita: momenti di assopimento. Il vangelo dice che stolte e sagge tutte le ragazze si assopirono. Un conto è l'assopimento, un conto è la spensieratezza, la leggerezza, la superficialità. È questo atteggiamento leggero che la parabola condanna, da questa "stoltezza" ci mette in guardia. Dobbiamo anche aggiungere, a scanso di equivoci e fraintendimenti, che la vigilanza richiesta dalla parabola non è la vigilanza dell'ultima ora. È la saggezza quotidiana, è la vigilanza di tutte le ore che ci farà trovare vigilanti alla venuta di Cristo, di cui non conosciamo né il giorno né l'ora. Il Signore alle ragazze stolte, che bussano alla porta del banchetto, risponde: "Non vi conosco". Non era stata l'infedeltà di un momento, ma di una vita, tant'è che non le conosceva. E dunque la relazione con il Signore, la fedeltà a lui, la vigilanza sulla vita come luogo del suo incessante venire, è tesoro da custodire ogni giorno. La sapienza -ci è stato detto- è il primo dono da invocare quando ci alziamo ogni mattino: "chi si leva per essa di buon mattino non faticherà, la troverà seduta alla sua porta".
Con la sua luce vedrai cose che altri non vedono, con la sua luce ti sarà
dato intravedere il mistero che abita le persone e le cose, con la sua
luce indagherai le vicende del cielo e della terra e vi leggerai i segni
dei tempi, con la sua luce illuminerai il volto del tuo Signore, nel giorno
del suo ritorno. |
|
|
Segnala
questa pagina ad un amico scrivi il suo indirizzo e-mail: |
||||