la parola della domenica
Anno
liturgico B |
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At
4,32-35 Probabilmente il vangelo di Giovanni finiva qui, con il racconto che oggi abbiamo ascoltato. Solo in un secondo momento si è voluto aggiungere il capitolo ventunesimo con il racconto dell'apparizione al lago di Tiberiade e con l'episodio della riabilitazione dell'Apostolo Pietro. Ebbene, a differenza del racconto degli Atti degli Apostoli, dove -l'abbiamo percepito - la prima comunità cristiana viene un po' idealizzata: "un cuor solo, un'anima sola, tutto... in comune", qui la comunità delle origini è colta con i suoi problemi, problemi di fede, con le sue paure -e non è bastata la manifestazione del Risorto: otto giorni dopo le porte sono ancora chiuse - con la sua fatica a convincere non dico un lontano, ma uno dei suoi, un apostolo, con i dubbi e le resistenze a credere. Quasi Gesù volesse aprirci gli occhi sui problemi relativi alla fede che ci avrebbero accompagnati nel tempo, sul non facile, anzi faticoso approdo alla fede. Dopo
la breve stagione della sua presenza in carne ed ossa, ecco aprirsi il
tempo di una presenza diversa di Gesù, per la quale non bastano
gli occhi della carne, occorrono gli occhi della fede: "Perché
mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno". Era come se Gesù volesse educarci a questa sua nuova presenza, a questo suo nuovo modo di venire, che è quello delle nostre celebrazioni, di otto giorni in otto giorni, dove le porte sono chiuse e decisiva, sempre più decisiva, è la porta del cuore dei discepoli, la porta del tuo cuore, dove gli occhi non ci sorreggono, ci sorregge la fede. A
volte penso che i nostri riti sono talvolta consumati, consumati dall'abitudine.
Purtroppo. E viene Gesù, anche se in mezzo a noi c'è Tommaso. Che bello che sia così! Perché Tommaso siamo un po' tutti! Tommaso è ognuno di noi, se non altro per quella parte di non credenti che è in ciascuno di noi. Di noi che sentiamo vera, nostra fino in fondo, la preghiera del padre del ragazzo indemoniato del vangelo. La ricordate? "Credo, Signore. Ma tu aiuta la mia incredulità" (Mc 9, 24). Fede -"credo"- e incredulità insieme. Siamo
qui, come Tommaso, con la nostra sete di vedere e di toccare. Costato, in greco pleura,, è lo stesso termine che ritroviamo nel vangelo una pagina prima, quando si dice che il soldato, vedendo che Gesù era già morto, "gli colpì il fianco" -pleura,- "con la lancia e uscì sangue ed acqua" (Gv 19, 33-34). E si aggiunge: "chi ha visto ne dà testimonianza, e la sua testimonianza è vera, ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate" (Gv 19, 35). Pensavo:
anche il soldato vide. E noi? Noi che cosa facciamo? Constatiamo la morte, compiliamo certificati di morte, o, nonostante tutto, contro tutte le apparenze, indichiamo segnali di vita? |
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