la parola della domenica

 

Anno liturgico A
omelia di don Angelo nella II Domenica dopo Natale
secondo il rito romano



 

 

Sir 24,1-4.12-16
Sal 147
Ef 1,3-6.15-18
Gv 1,1-18

Ritorna nella liturgia di questa domenica il vangelo di Natale, il prologo di Giovanni, l'inno alla Parola che si fa carne, l'inno che fa da prefazione all'intero vangelo.

In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.

E ascoltando le parole, le parole dell'inizio, la prima sensazione potrebbe essere quella di uno spaesamento; siamo condotti fuori del tempo, prima che le cose fossero, come fuori paese... E quindi anche la sensazione, forse in qualcuno di noi, di una certa astrattezza. Ma, superato questo attimo di spaesamento, uno spaesamento iniziale, intravediamo in queste parole messaggi che toccano profondamente il cuore.

Pensate che cosa significa, per esempio, dire che all'inizio c'è una Parola o - come oggi ricordava il Siracide - che all'inizio c'è una Sapienza, c'è un senso intelligente delle cose, prima dei secoli, fin dal principio.

Non il disordine -capite- non il caso, ma la Parola, il Disegno.

Non le cose fatte -come succede spesso a noi- fatte così come capitano, a casaccio.

No! C'è un'idea che percorre le cose, c'è la Parola di Dio che le attraversa, il Verbo di Dio Gesù è il progetto che le illumina e ci innova fin nelle fibre più segrete.

Pensate quanta forza può darci questa convinzione, soprattutto nei giorni -e quanti ce ne capitano- in cui siamo presi al cuore come da una sensazione angosciante di non senso, quasi che la realtà, la storia, fosse una barca senza timoniere, un tram impazzito senza manovratore. E poter dire a noi stessi: forse oggi il senso ti sfugge, ma c'è un Disegno, c'è una Parola, per mezzo della quale tutto è stato fatto. Resisti, non perderti d'animo.

"Tutto" - è scritto - "tutto è stato fatto per mezzo di lui. E senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste".

E si sta parlando di Gesù, il Figlio del Dio vivente; lui, presente, come Architetto, a presiedere alla creazione: ogni cosa creata porta la sua impronta.

Questa -lasciatemelo dire- è una visione nuova della creazione, o meglio dovrebbe essere antica, ma purtroppo è stata a lungo dimenticata, soprattutto nella riflessione della chiesa occidentale; noi siamo stati educati a pensare che Gesù si fa presente al mondo, ma in seconda battuta, quando si tratta di riparare il male, e siamo stati invece poco educati a pensare che Cristo era già presente fin da principio, nascosto nella creazione; "sprofondato" - dice Sant'Ireneo - "sprofondato nella creazione intera come Verbo di Dio che governa e dirige ogni cosa".
Pensate come è consolante e come allarga il cuore -il cuore e la visione- questa fede nel Verbo creatore: ogni cosa porta la sua immagine, ogni essere -capite- per il fatto stesso di essere creato fa sì che portiamo la sua immagine.

Voi capirete allora come possono lasciarci qualche perplessità in cuore certe proposte, come per esempio quella di chi dice: festeggiamo il giorno del Battesimo e non quello della nascita.

Ma non dovremmo essere noi per i primi a ricordare che ogni creatura - per il solo fatto di esistere - è stata creata per mezzo di lui, il Verbo di Dio, e porta l'orma di Gesù, ne porta l'immagine?

Ma vorrei fare un passo avanti.

L'evangelista Giovanni dopo aver cantato al Verbo che era in principio - "in lui era la vita e la vita era la luce degli uomini" - canta al Verbo, la luce che viene nel mondo, che si fa carne, e che pone la sua tenda in mezzo a noi.

Ed ecco la conseguenza di mettere la tenda in mezzo a noi, la conseguenza del prendere carne.

Forse ha colpito anche voi: quella luce del Verbo che danzava irresistibile nei cieli, luce creatrice e incontenibile, prendendo la carne dell'uomo diventa -perdonatemi la parola- diventa luce velata, - il mondo non la riconosce, ha bisogno di testimoni perché sia riconosciuta -; diventa luce contrastata, non è più irresistibile -alla luce si può resistere-, questa luce si ferma davanti alla nostra libertà.

Sta a me, sta a noi accoglierla e allora ci apriamo alla Parola che illumina, sia pure velatamente, sia pure gradualmente il senso delle cose.

Ma se io mi chiudo, se non accolgo, allora nella mia vita diventa prevalente l'angoscia del disordine, del non senso, dello spaesamento del cuore.

Ecco, ricordo che tra alcune preghiere che mi sono state passate in questi giorni c'è una preghiera che forse voi conoscete, bellissima, del Cardinal Newman che dice:

"Guidami luce benigna nel buio che mi circonda,
nera è la notte e ancor lontana la Casa.
Sostieni il mio cuore vacillante;
nell'oscurità del cammino guidami Tu.
Non ti chiedo di vedere oltre e lontano;
solo passo per passo ove posare il piede".
Non sempre fu così, non sempre pregai
perché Tu mi guidassi.
Amavo un tempo scegliere da me il mio cammino
amavo il giorno chiaro, disprezzavo la paura:
ma ora guidami Tu.
Svanisca l'errore del mio passato,
non ricordare quegli anni:
il tuo potere, che ormai io conosco,
mi guidi fino all'estremo,
fra lande e paludi, per monti e torrenti
finché, passata la notte, mi sorridano all'alba
i volti angelici, amati un tempo, perduti ora,
e che amerò per sempre"

John Henry Newman

 

 


 
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