la parola della domenica
Anno
liturgico C |
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Re 5,14-17 2 C'è
la fede dei nove, una fede che guarisce sì dalla lebbra, ma non
salva. E
il discorso, voi lo capite, viene subito a me: la mia è una fede
che salva, oppure è una fede che modifica qualcosa fuori, ma in
profondità non salva? Una
fede dominata dalla legge; si muove entro l'arco, piuttosto rigido, delle
cose prescritte. Tu
mi dai la guarigione, io ti do un'offerta, quella prescritta. E così
siamo a posto. Capisce
che il problema non è dare qualcosa, ma dare se stesso. Come
Naaman il Siro, di cui parlava la prima lettura, miracolato anche lui
dalla lebbra: e gli canta in cuore la gratitudine. Ebbene lui sì, salvo dentro, cambiato dentro, sfiorato da una dolcezza, pervaso da una tenerezza, da una gratitudine che non dovrà morire. Pensate, il grande generale, lui abituato a invadere le terre, e che ora vuoi caricare su due muli un po' di quella terra, la terra del miracolo, e così anche lontano, anche in patria...da quella terra, la terra del miracolo, ringraziare il Dio di Israele. Vedete
dov'è il miracolo? La vera malattia, la vera lebbra da cui essere
guariti, è questa aridità del mio cuore, il cuore dei nove
lebbrosi che non ritornano, questo materialismo pratico -tanto la salute,
la guarigione l'abbiamo avuta!- questo cuore che non sa più protendersi,
andare più in là, andare oltre, questa indifferenza, questa
abulia, questa noncuranza, sì, questa indifferenza che è
la malattia forse del nostro tempo, il pericolo maggiore da cui siamo
aggrediti, una malattia che è un pianeta , il pianeta dell'indifferenza.
Ebbene, se tu ritorni a ringraziare, è segno che sei stato toccato
dentro, sei salvo. Ma anche l'Eucaristia può diventare un'osservanza, un precetto senza gioia, un rito senz'anima, senza dolcezza, senza passione,un monumento di ordinaria amministrazione, un monumento di indifferenza. Oppure, Dio lo voglia, l'Eucaristia può diventare la terra su cui ringraziare, la terra del miracolo perché è la terra della croce. Nella Bibbia è scritto di questo popolo, il popolo di Dio, che fatto un tratto di strada, si fermava e costruiva un altare e ringraziava. Dopo una battaglia, dopo una marcia, il popolo si fermava e celebrava con canti, con danze il Signore che era stato la salvezza. Il popolo ricordava: Fermati e ricorda. Sì, oggi la domenica ci si ferma dal lavoro, ma si ricorda o non può diventare la domenica una grande distrazione? Ricorda
il tuo cammino, quello della settimana, è il Signore che ce l'ha
fatto percorrere! Possano gli uomini e le donne d'oggi leggerla sui nostri volti, nei nostri occhi quando camminiamo e quando sediamo con loro. |
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