la parola della domenica
Anno
liturgico B |
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Am
7, 12-15 È folgorante l'inizio del brano di Marco che oggi abbiamo ascoltato. "E chiamò a sé i dodici e cominciò a mandarli a due a due e dava loro potere sugli spiriti immondi". E non erano preti! Lui percorreva i villaggi, Lui, Gesù -lo dice il versetto che precede-. E vuole che i suoi discepoli vadano.
Una chiesa che va. Noi abbiamo sostituito una chiesa che aspetta: l'idea
che soggiace all'immagine di una chiesa "che aspetta" è
che la gente rientri nei ranghi. Perché? Perché la strada e la casa sono immagini della vita concreta: entrate nelle situazioni concrete, entrate in situazione. Camminare con l'altro dunque, accompagnarsi. Sedere in casa, raccontarsi. Questo a tu per tu. Oggi si fa un gran parlare di nuova evangelizzazione. "Si continuano a cercare" -scriveva in questi giorni un giornalista- "vie nuove di evangelizzazione: cattedre, pulpiti, dibattiti, conferenze, riviste. E si dimentica la maniera tipica e originale che Gesù ha proposto agli apostoli e che conserva tutta la sua efficacia: <Cominciò a mandarli a due a due..., entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo>" (Franco Peradotto). Non
è scritto che Gesù abbia dato loro il potere di parlare.
Chissà, forse perché di parlare siamo tutti capaci, ma "dava
loro potere sugli spiriti immondi". È
impressionante anche notare come in un brano che riguarda la missione,
in questo manuale per gli itineranti -itineranti, non sedentari!-, non
si faccia questione tanto di contenuti -che cosa dovete andare a dire-,
ma si spendano invece molte parole sullo stile - lo stile di vita - degli
itineranti: uno stile di sobrietà, di semplicità, di limpidezza,
di vicinanza. Lo stile -si dice- è un fatto secondario. E non è vero. O, almeno, non è vero per Gesù, È come se lui ci dicesse: come fai ad annunciare la novità con una vita vecchia? Come fai a dare una notizia buona con la tua aria impregnata di pessimismo? Come fai a dire che Dio è vicino, se tu tieni le distanze? Come fai a dire che la nostra fiducia è Dio, se vai in cerca degli appoggi umani? Come fai a dire che la nostra ricchezza è il Vangelo, se rincorri all'ossessione, incontentabilmente, i beni del mondo? Tutta questa ricerca di mezzi con cui contare, come chiesa, se la osserviamo con gli occhi del Vangelo, viene a svelarci che crediamo poco, molto poco, che la nostra forza è in Dio. A parole, è in Dio! Ebbene, questa rincorsa ha come effetto, secondo la Bibbia, ha come contraccolpo -ce lo ricorda la prima lettura- che il santuario di Dio diventa il santuario del re e il tempio il tempio del regime. Il sacerdote Amasia è diventato purtroppo sacerdote del potere, nel tempio non è più permesso far risuonare la parola del profeta, risuona la parola del re: "Vattene" - dice ad Amos - "vattene, veggente, ritirati verso il paese di Giuda..., ma a Betel non profetizzare più, perché questo è il santuario del re, è il tempio del suo regno". Ecco che cosa succede, quando un'istituzione religiosa abbandona il suo stile di sobrietà - non due tuniche - e si compromette con i potenti della terra. Succede che il santuario è tradito, tradito nel suo nome: Betel. "Betel" aveva chiamato quel luogo Giacobbe dopo il sogno della notte, il sogno di una scala che univa la terra al cielo e angeli salivano e scendevano. Giacobbe aveva chiamato quel luogo "porta del cielo, casa di Dio".
Ebbene, il luogo dell'apparizione è diventato santuario del re,
tempio del regno. |
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