la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella 14ª Domenica del Tempo Ordinario B
secondo il rito romano



 

 

Ez 2, 2-5
Sal 122,1-4
2 Cor 12, 7-10
Mc 6, 1-6

Si parla, nelle letture, che oggi abbiamo insieme ascoltato, di profezia.

Gli spiriti più attenti vanno denunciando oggi un calo di profezia nella chiesa, quasi che la generazione dei profeti fosse, oggi, una razza in via di estinzione.

E quando parliamo di profezia, non intendiamo - sarebbe avvilimento del termine - le previsioni del futuro, ma, come dice il termine, parlare a nome di Dio, far risuonare nell'oggi la parola profetica di Dio, del Vangelo.

Una parola - dicono le letture - che ha dentro una sapienza e una forza che riempiono di stupore.

Così nella sinagoga a Nazaret: "Rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?"".

Profeta perché capace o, meglio, portatore di una parola che è sapienza, è lettura saggia, profonda del vivere umano, è parola che ha dentro una forza, sì, una forza: è come se tu rimanessi contagiato, contaminato.

E, infatti, penso che abbia impressionato anche voi oggi la confessione di Ezechiele, un grande profeta. Prima ancora che per gli altri la Parola di Dio vibra di una potenza che contagia il profeta stesso...

È scritto: "Uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi, e io ascoltai colui che mi parlava".
Bellissimo: è una parola che ti fa scattare in piedi, c'è dentro un fuoco.

A differenza di tante parole umane, anche ecclesiastiche, fatte di arzigogoli, in cui non c'è emozione, non c'è stupore, non c'è fuoco, ti lasciano seduto, spento, arreso.

Qui c'è una parola, nella Bibbia, che ti fa alzare in piedi. Qui, ogni domenica, ogni volta che tu apri il libro. Sono solo le mie parole che la possono addormentare, purtroppo. Ma in sé essa custodisce una sapienza e una forza.

Ma anche - aggiungiamolo - uno scandalo.

Perché è scritto dei conterranei di Gesù: "E si scandalizzavano di lui". Scandalo e rifiuto, scandalo e rifiuto tra i familiari, capite.

E, infatti, il brano del Vangelo di Marco potrebbe anche essere intitolato: "una familiarità controproducente".

L'evangelista Marco già l'ha notato al capitolo terzo del suo Vangelo, quando ha scritto: "E viene a casa e di nuovo si raduna folla, così che essi non potevano neppure mangiare pane.

E i suoi - i suoi! capite -, avendo udito ciò uscirono per prenderlo, perché dicevano: "È fuori di sé"" (3, 20-21). Prima quelli di casa, ora quelli del paese, sono scandalizzati, lo rifiutano.

C'è da pensare! Perché oggi, quelli di casa, in un certo senso, siamo noi. E sembra di capire che la familiarità non è sempre una buona garanzia.

Ma perché? Perché la presunzione di essere vicini a Dio non è mai un buon servizio. Perché ha come effetto quello di ricondurre Dio nell'ovvietà.

E, infatti, che cosa scandalizzava di Gesù? Che cosa sconcertava i suoi conterranei di Nazaret? La sua umanità. "Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Jose, di Giuda di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi? E si scandalizzavano di lui!".

Si scandalizzavano per la sua umanità: è uno di loro, conoscono i suoi, e poi quel mestiere non è eccezionale, non ha studiato, non ha titoli.

Quante volte guardiamo i titoli di chi parla e non guardiamo la sapienza o la stoltezza, che abita la parola di chi parla.
Scandalizza l'umanità.

Ma questo è lo scandalo buono, la buona notizia del Vangelo: che Dio è dentro l'ordinarietà della vita.

Loro, quelli di casa, quelli del paese, rivendicavano qualche privilegio, per il Messia, e di conseguenza, per se stessi.
No, Dio nella vita ordinaria, la santità nella vita ordinaria.

Proprio com'è detto in un testo di Madeleine Delbrêl, che ho sentito leggere qui ieri a un matrimonio.

Nel testo si parlava di gente ordinaria, che ha malattie ordinarie e lutti ordinari, una casa ordinaria e vestiti ordinari, la gente della vita ordinaria.

Ebbene era scritto: "Noi altri, gente della strada, crediamo con tutte le nostre forze che questa strada, che questo mondo dove Dio ci ha messi è per noi il luogo della nostra santità".

 

 


 
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