la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella Festa di Tutti i Santi
secondo il rito ambrosiano


1° novembre 2016



 

 

Ap 7,2-4.9-14
Sal 88
Rm 8,28-39
Mt 5,1-12a

Penso che un po' ci commuova il fatto che questa festa di "tutti i santi" si sposi, stretta stretta, con quella dei morti. E quasi non c'è confine. Non solo. Ma oggi dovremmo aprire le chiese. E come faremmo a starci? Noi abbiamo messo a venerazione, nelle chiese, statue di santi nelle nicchie, immagini di santi nei dipinti, ricordi di santi nei reliquiari. Li abbiamo messi sugli altari.

Ma come potremmo mettere sugli altari, nei reliquiari, la moltitudine che oggi ricordiamo? Dovremmo eliminare le pareti troppo anguste delle chiese. E forse - dico forse - faremmo loro un torto chiudendoli nella nostra chiesa, perché sono i santi di una santità anonima. Che è la santità della vita quotidiana. E finalmente - lasciatemi dire - in questa folla troviamo laici e donne, quelli che sino a poco tempo fa non trovavamo se non raramente, molto raramente, tra i santi canonizzati. Quasi bisognasse essere papi o vescovi, preti, religiosi o monache, o anche re o regine o personaggi importanti e non gente comune, gente normalmente vestita, gente in case normali, in lavori normali, in situazioni normali.

Perché, vedete, la santità non sta nella straordinarietà della vita e forse nemmeno nella straordinarietà dei miracoli. Non sta scritto forse nel vangelo che Gesù ad alcuni che gli diranno: "Non abbiamo forse fatto miracoli nel tuo nome", come ad altri che gli diranno di aver predicato nel suo nome, risponderà: "Via da me voi operatori di iniquità"? La santità non sta nella straordinarietà. In che cosa sta? Se stiamo alle letture di oggi, lettera ai Romani, la santità della folla è innanzitutto un dono, un dono senza esclusioni. Non è frutto di una scalata eroica, per la quale occorrono chissà quali forze, roba da atleti, è un dono.

E, ancora, è una vita. Se stiamo alle letture di oggi, al libro dell'Apocalisse, è la vita di coloro che portano sulla fronte un segno, il sigillo dei servi del Signore. Portare il sigillo, secondo le Scritture sacre, significa che ci si rifiuta nella vita di portare sulla fronte il sigillo di altri, di prostraci ad altri. A nessuno! A nessuno di quelli che, apertamente o subdolamente, vorrebbero metterci al loro servizio, manovrati, sfruttati, comunque striscianti, a servizio dei loro progetti. Ai tempi in cui il libro veniva scritto, il sigillo era quello del'imperatore; oggi gli imperatori, anche se non ne portano il nome, sono altri.

E tu libero, tu schiena dritta, perché il sigillo che tu onori è quello del tuo unico Signore, il Signore Gesù. Ma, ancora in che cosa sta la santità della folla? Sta nelle beatitudini del vangelo. Che da un lato dicono la bellezza "beati" e dall'altro dicono concretezza, concretezza del vivere, non sono visioni evanescenti. Si vive e si opera nel mondo.

Al cuore - perdonate la lunga citazione - mi sono venute le parole di padre Giulio Bevilacqua - poi Paolo VI lo farà cardinale - una professione di fede dove senti la santità non come distacco, ma come passione per la vita. Scrive: "Credo in Dio e credo nell'uomo, quale immagine di Dio. Credo negli uomini, nel loro pensiero, nel valore della loro sterminata fatica. Credo nella vita come dono e come durata, come possibilità illimitata di elevazione, non prestito effimero dominato dalla morte. Credo nella gioia: la gioia di ogni stagione, di ogni tappa, di ogni aurora, di ogni tramonto, di ogni volto, di ogni raggio di luce che parta dal cervello, dai sensi, dal cuore. Credo nella famiglia del sangue e nella famiglia prescelta per il mio lavoro.

Credo nel dovere di servire il bene comune perché giustizia, libertà e pace siano a fondamento della vita sociale. Credo nella possibilità di una grande famiglia umana e nell'unità dei cristiani quale Cristo la volle. Credo nella gioia dell'amicizia, nella fedeltà e nella parola degli uomini. Credo in me stesso, nella capacità che Dio mi ha conferito, perché possa sperimentare la più grande fra le gioie, che è quella del donare e del donarsi. In questa fede voglio vivere, per questa fede voglio lottare e con questa fede voglio addormentarmi in attesa del grande, gioioso risveglio"

Mi è sembrato di ascoltare l'eco delle beatitudini. Che sono per tutti. A volte ti sembra di ascoltare le beatitudini, di vederle dal vivo, dalle immagini che ti rimanda la vita. Tra le tante immagini che mi hanno colpito in questi giorni, ieri l'altro un'immagine da Norcia, dove si vedevano quasi in un abbraccio laici e religiose insieme: era l'immagine degli uomini della protezione civile che portavano nei loro teli una monaca, anziana, di clausura che non avrebbe retto sulle sue gambe.

Accadevano, e accadono, le beatitudini. Accade la santità della folla e del quotidiano. Senza distinzioni. Voi sapete che sono un po' strano. Ritorno al fatto che alla festa di tutti i santi è stretta stretta quella dei nostri morti. E allora la proposta che vorrei fare sarebbe un invito per tutti noi a visitare non solo i cimiteri in questi giorni, ma a visitare se possibile - e se non è possibile a visitarli in sogno - i luoghi dove i nostri cari sono vissuti. A quelle mura, a quel tavolo, a quella lampada, a quanti frammenti, è legato qualcosa di loro. Voi mi capite, quasi fossero - perdonate - delle reliquie, le loro preziose reliquie .

E, contemplando, ricordare. E infine vorrei dire imparare a raccontare, a raccontarsi con i nostri cari, che siamo soliti chiamare "i nostri morti". Forse ci farebbe bene ricordare le parole dell'angelo alle donne il mattino della risurrezione: "Perché cercate tra i morti colui che è vivo?". Sono semplicemente al di là di una parete di carta. Scrive Christian Bobin: "Tra la mia vita e la mia morte, una semplice parete di carta. Io ti sento camminare dietro".

Io sento te, Signore, ma sento anche loro, camminare dietro, dietro la parete di carta.

 

Ap 7,2-4.9-14

Io, Giovanni, vidi un angelo che saliva dall'oriente e aveva il sigillo del Dio vivente. E gridò a gran voce ai quattro angeli ai quali era stato concesso il potere di devastare la terra e il mare: "Non devastate né la terra, né il mare, né la piante, finché non abbiamo impresso il sigillo del nostro Dio sulla fronte dei suoi servi". Poi udii il numero di coloro che furon segnati con il sigillo: centoquarantaquattromila, segnati da ogni tribù dei figli d'Israele. Dopo ciò, apparve una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, razza, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all'Agnello, avvolti in vesti candide, e portavano palme nelle mani. E gridavano a gran voce: "La salvezza appartiene al nostro Dio seduto sul trono e all'Agnello". Allora tutti gli angeli che stavano intorno al trono e i vegliardi e i quattro esseri viventi, si inchinarono profondamente con la faccia davanti al trono e adorarono Dio dicendo: "Amen! Lode, gloria, sapienza, azione di grazie, onore, potenza e forza al nostro Dio nei secoli dei secoli. Amen". Uno dei vegliardi allora si rivolse a me e disse: "Quelli che sono vestiti di bianco, chi sono e donde vengono?". Gli risposi: "Signore mio, tu lo sai". E lui: "Essi sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello".

Sal 88(89)

R.: Benedetto il Signore in eterno.
Canterò in eterno l'amore del Signore, di generazione in generazione farò conoscere con la mia bocca la tua fedeltà. I cieli cantano le tue meraviglie, Signore, la tua fedeltà nell'assemblea dei santi. R Dio è tremendo nel consiglio dei santi, grande e terribile tra quanti lo circondano. Chi è come te, Signore, Dio degli eserciti? Potente Signore, la tua fedeltà ti circonda. R Tuoi sono i cieli, tua è la terra, tu hai fondato il mondo e quanto contiene. Beato il popolo che ti sa acclamare: camminerà, Signore, alla luce del tuo volto.

R Lettera di san Paolo apostolo ai Romani 8, 28-39

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno. Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati. Che diremo dunque di queste cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi! Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Come sta scritto: "Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo considerati come pecore da macello". Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori grazie a colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.

Lettura del Vangelo secondo Matteo 5, 1-12a

In quel tempo. Vedendo le folle, il Signore Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: "Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli".

 

 


 
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