la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella Domenica della Santissima Trinità
secondo il rito ambrosiano


31 maggio 2015



 

 

Es 33,18-23; 34,5-7a
Sal 62
Rm 8,1-9b
Gv 15,24-27

Celebrata la pentecoste, con la consapevolezza in cuore che ora lo Spirito riempie la terra, possiamo indugiare al mistero di Dio, dico al mistero. Quasi ci abitasse in qualche misura un anelito che vibra nelle parole di un salmo "Il tuo volto, Signore io cerco, non nascondermi il tuo volto". Un desiderio, vedere il volto di Dio - lo abbiamo sentito - che abitava anche il cuore di Mosè, un desiderio che abita consapevole o no, in una forma o in un'altra, forse il cuore di ogni uomo e di ogni donna.

Non è necessario essere uomini o donne di irraggiungibili e sofisticate spiritualità o vivere in chissà quale isola dello spirito per sentirci attraversati da un desiderio del volto di Dio. Pensiamo a Mosè: era della razza degli uomini concreti, un traghettatore di popolo, uno che aveva misurato giorno dopo giorno la fatica della traversata del deserto, non pallore di volto, ma volto bruciato da sole e da vento.

Uno così ha sulle labbra una implorazione a Dio: "Mostrami la tua gloria". Come se volesse saperne di più: qualcosa, molto, ancora gli era nascosto. Ebbene - pensate che la bibbia lo chiama "amico di Dio" - si sente dire che nessuno può vedere la gloria di Dio e restare vivo. Starà nella cavità della rupe. Dio lo coprirà con la mano e quando toglierà la mano, lo vedrà alle spalle, perché il suo volto non si può vedere. Non puoi vedere il volto di Dio.

Sembra una smentita alla pesantezza delle nostre pretese di incapsulare Dio. Pensate alla rigidità delle nostre definizioni. Quando invece nel racconto dell'Esodo tutto respira leggerezza: scese nella nube, si fermò, passò davanti a lui, se ne andò, Mosè vide le spalle. Forse, dico forse, a noi uomini e donne di oggi, non dicono molto le alte dottrine su Dio che navigano imperturbabili nell'astratto. Di certo non fanno ardere il cuore.

Come - dovremmo chiederci - come parlare di Dio? Come parlare di Dio oggi? Ho trovato scritto: "Sembra che oggi abbiamo bisogno di sentir parlare di Dio con parole umili e semplici, che tocchino il nostro povero cuore, confuso e scoraggiato, e riconfortino la nostra fede vacillante. Abbiamo bisogno, forse, di recuperare l'essenziale del nostro credo per imparare a viverlo con gioia nuova" (José Antonio Pagola).

Urgente è imparare a scoprire che cosa sta, anche dietro una parola alta come Trinità, perché non diventi per noi una parola fredda. Che non parla, non parla al cuore. E una indicazione mi sembrava di coglierla proprio nel racconto dell'Esodo, là dove Mosè dice: "Mostrami la tua gloria". E Dio, pensate, risponde: "Farò passare davanti a te la mia bontà!". Come a dire, la mia gloria è la mia bontà. Il mio nome è scritto nella bontà.

Infatti abbiamo letto che il Signore passò davanti a Mosè proclamando: "Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva l'amore per mille generazioni". Che cosa conserva Dio? Di che cosa non si dimentica? Dell'amore e della sua fedeltà! Voi mi capite, le tracce di Dio sono sulla terra. Dio ci rimanda alla storia dove trovare tracce del suo amore e della sua fedeltà. Rimane, rimane che noi troviamo solo tracce.

Un non credente diceva un giorno: "Io l'orso nel bosco non l'ho mai visto, ma ho trovato tracce di orme. Le ho trovate nelle scritture sacre, per me sono troppo intriganti". Voi tutti sapete che di Dio ci ha fatto l'esegesi Gesù, ci ha fatto il racconto con la sua vita, anche se dobbiamo confessare che ancora rimaniamo uomini e donne delle tracce. Perché ancora nel Nuovo Testamento leggiamo, nella prima lettera di Giovanni: "Dio nessuno l'ha mai visto. Se ci amiamo tra noi Dio è qui, in noi" (1Gv 4,12).

E questa è come un'altra fessura da cui spiare Dio. Dio lascia nel mondo tracce di quello che è nella sua natura più profonda. E nella sua natura più profonda lui non è una solitudine: noi balbettando diciamo: Padre, Figlio, Spirito. La relazione dunque, la comunione. L'amore è la vita più profonda di Dio. E noi plasmati dalle sue mani, avvolti dalla sua presenza, noi ne portiamo le tracce con questo bisogno di relazione, di comunione, di amore che ci segna, ci connota.

Per questo, avendoci fatti a sua immagine, Dio non poteva che dire - è scritto tra le prime parole della Bibbia - : "Non è bene che l'uomo sia solo". E di conseguenza Giovanni non poteva che scrivere. "Se ci amiamo Dio è qui, è con noi". Una notizia buona questa, certo, una notizia che toglie la separatezza: nella storia si annida Dio, si annida nel concreto delle nostre storie, nel concreto del nostro amarci. Il nostro amarci gli uni gli altri diventa una spia, in cui sorprendere una traccia di lui.

Una notizia buona, ma - lasciatemi dire - anche una responsabilità. Perché se è vero, come è vero, che Dio lascia tracce di sé nella storia, ne consegue che con la nostra vita possiamo svelarlo o anche velarlo, svelarne il volto o anche velarne il volto. Dare testimonianza al volto. Come chiedeva Gesù, parlando dello Spirito che i discepoli avrebbero ricevuto: "Egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza". Non sempre ci interroghiamo, ma di tanto in tanto, penso, dovremmo farlo. Interrogarci su quale immagine di Dio noi diamo nella storia con la nostra vita.

Ho ritrovato il problema nel titolo di un convegno che si terrà ad Assisi il prossimo agosto, questo il titolo: "noi responsabili dell'immagine di Dio". Gloria di Dio per esempio, come suggeriva il testo dell'Esodo, è la bontà. Ebbene chi ci vede ha l'impressione che per noi la gloria è la bontà, che sopra tutto aspiriamo a essere donne e uomini buoni?

Il nome di Dio, dice il testo, è "misericordioso e pietoso". Lo sono? "Lento all'ira". Lo sono? "Ricco di amore". Di che cosa sono ricco? La mia ricchezza sono le relazioni o rappresento il gelo dei rapporti? "Ricco - Dio - di fedeltà". Dio si è svelato come fedeltà, uno che c'è e non si tira indietro, uno su cui si può contare. Io ci sono o non ci sono? Su di me si può contare? Quale immagine di Dio do? Quale immagine di Dio diamo? Noi responsabili dell'immagine di Dio.
Che Dio ci faccia trasparenza del suo volto.

 

 


 
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