la parola della domenica

 

Anno liturgico B
omelia di don Angelo nella Domenica dei Santi Innocenti
tra l'ottava di Natale
secondo il rito ambrosiano


28 dicembre 2014



 

 

Ger 31,15-18.20
Sal 123
Rm 8,14-21
Mt 2,13b-18

Prima di ripercorrere con voi alcuni testi di questa domenica, una domenica che custodisce la memoria dei santi Innocenti, perdonate una confidenza: mi ha colpito il fatto che per una coincidenza, forse non espressamente voluta, le letture di questa domenica inizino e finiscano con le stesse parole, che sono di una amarezza estrema.

Motivo per cui la tentazione per un attimo fu di aprire e di chiudere l'omelia così, con queste parole e lasciare spazio allo sgomento e al pianto. Ecco le parole di Geremia, riprese da Matteo nel suo vangelo: "Una voce si ode a Rama, un lamento, un pianto amaro: Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata per i suoi figli, perché non sono più". Geremia, che vede con sgomento partire le popolazioni per l'esilio, paragona Gerusalemme a una madre inconsolabile che ha perso per sempre i suoi figli. Come potresti consolarla per i figli che non sono più?

E Matteo, facendo memoria delle mamme di Gerusalemme e dintorni, che ebbero trucidati i figli, a causa di Erode e dei suoi turpi disegni, vede realizzarsi le parole del profeta Geremia, madri inconsolabili. La furia spietata di Erode, ingannato dai Magi per voce dall'alto, non raggiunse il Messia, ma non risparmiò purtroppo altri bambini innocenti. Di fronte al dolore degli innocenti - siamo sinceri - che risposte abbiamo? Tante nostre sofisticate risposte, risposte a occhi asciutti, non fanno che allontanare. Allontanare chi ancora osa pensare, chi ancora possiede un briciolo di sentimento, di passione, di commozione. Apri e chiudi in silenzio. O abbraccia, se puoi, abbraccia chi resiste a vivere, a sopravvivere al dramma, chi giustamente si rifiuta di essere consolato, consolata. Per i suoi figli, perché non sono più.

Sosta in silenzio davanti al dolore delle madri. Sta dalla loro parte. E rispetta, rispetta un dolore inconsolabile. Oggi le letture aprivano e chiudevano così. Mentre il salmo ci lasciava con domande parlando di pericoli sventati per intervento di Dio. "Se il Signore non fosse stato per noi, quando eravamo assaliti, allora ci avrebbero inghiottiti vivi, quando divampò contro di noi la loro collera".

E che cosa dire di quelli che non scamparono alla collera, di quelli che furono inghiottiti vivi? Forse che Dio non è stato con loro? Portiamo con serietà queste domande e come ci ha ricordato papa Francesco in questi giorni, non dimentichiamo la strage inquietante dei bambini dei nostri tempi. Vorrei dirvi che, ricordando i bambini trucidati da Erode, mi sono sentito attraversare anche da un'altra domanda, che riguarda Gesù, raramente se ne parla. Mi sono chiesto come sarà risuonato nel cuore di Gesù, con il crescere degli anni, il fatto che la sua vita era stata salvata a prezzo di uno sterminio di bambini? Ci è facile immaginare che questo pensiero non l'abbia mai per tutta la vita abbandonato. Salvatore diventa uno che fu salvato.

Sarebbe bello che di tanto in tanto, oggi per esempio, anche noi ricordassimo che la nostra vita è una vita a prezzo di altre vite: a prezzo della vita di Gesù certo, ma poi a prezzo della vita di tanti uomini e donne eliminati da faraoni e da tiranni. Pensate solo ai condannati a morte della resistenza. Se ce lo ricordassimo proveremmo struggente gratitudine e difenderemmo gelosamente da attacchi e soprusi una dignità e una libertà che furono a caro prezzo. A prezzo di vita. Dobbiamo subito aggiungere che il figlio di Dio risparmiato dalla strage non fu risparmiato, né furono risparmia i suoi genitori, dalla drammaticità della fuga, la fuga in Egitto. La notte della fuga fu notte, notte buia, e il pericolo rimase pericolo, pericolo vero, e la fatica di scoprire strade di fuga sicure fu vera fatica.

Una delle tante storie di migrazioni, di sradicamenti dalla propria terra e di radicamenti in un'altra terra, che noi oggi abbiamo sotto gli occhi. Assistiamo a migrazioni di dimensioni bibliche e, quando non siamo accecati da pregiudizio e da indifferenza, ci rimane un poco di cuore per immaginare che dramma sia lasciare una terra e inventarsi la vita in un'altra e trovare casa e lavoro e accoglienza. È vero che di fronte a certi drammi ci sentiamo a volte impotenti; ma un conto è l'impotenza, un conto è la cecità e l'indifferenza.

Ebbene da piccolo Gesù visse sulla sua pelle questo dramma. E' vero che non ci viene risparmiato il pericolo, la prova, ma è vero anche che Dio veglia su di noi. Perché non siamo inghiottiti dal male, inghiottiti dai faraoni e dai tiranni di turno. Il brano del Vangelo di Matteo sembra ricordarcelo. I fili della storia sono in mano ad un Altro. Certo, dicendo questo, non vogliamo dire che sia risolto ogni problema. A noi, dicevamo, fanno problema i bambini trucidati da Erode e le tragedie, le tragedie dell'umanità, che non sono finite. Nemmeno la parola di Dio scioglie ogni problema.

Il racconto però va a segnalare una presenza: la presenza nella storia della paterna custodia di Dio. Leggiamo nel salmo 121: "Non lascerà vacillare il tuo piede, non si addormenterà il tuo custode. Non si addormenta, non prende sonno il custode di Israele. Il Signore veglierà su di te quando esci e quando entri da ora e per sempre". Il Dio custode, il Dio che veglia. Anche su Gesù, in fuga con Maria e Giuseppe. Su ogni uomo, su ogni donna. Ma dire che Dio è custode, che Dio veglia, che Dio provvede non significa dire che possiamo stare passivi, perché tanto c'è lui a vegliare.

Il racconto della fuga in Egitto e del ritorno dall'Egitto viene anche a chiarire qual è la parte dell'uomo, della donna, la nostra parte. E Giuseppe, l'uomo giusto è quasi un simbolo della parte dell'uomo, della donna, di ciò che spetta a noi. Innanzitutto ascoltare, ascoltare nella notte, ascoltare i sogni della notte. L'angelo non dà niente di più che una indicazione. La parola di Dio dà una direzione alla nostra vita e non è poco.

A noi tocca ascoltare nel silenzio. Dio ti dà la direzione, poi tocca a te, come a Giuseppe, studiare le strade, evitare le insidie, inventare i percorsi, i luoghi, le tappe, le soste, le ripartenze, prendersi cura della donna, del bambino. Ascolta dunque.
E poi diventa anche tu custode, come lo è Dio per te.

 

 


 
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