la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella Solennità dell'Immacolata
secondo il rito ambrosiano


8 dicembre 2015



 

 

Gen 3,9a.11b-15.20
Sal 97
Ef 1,3-6.11-12
Lc 1,26b-28

Storie di luci e storie di ombre. Le nostre storie intersecano luci e ombre. La storia di luce ha un nome, Maria, la madre di Gesù, oggi sorpresa dal vangelo ancora ragazzina nella sua casa. Chissà l'ora? Chissà da dove il volo dell'angelo? Chissà che cosa avrà avuto tra le mani in quel momento Maria? O forse quella era una voce che le bussava nell'anima? Ragazza di paese, di un paese senza fama, innamorata di un uomo, come succede alle ragazze della sua età.

E dei giorni in cui i suoi genitori l'avevano concepita che cosa avrà mai saputo? Perché di questo si tratta. Di solito non se ne parla, sono giorni nel segreto. Era cresciuta portandosi dentro una luce, certo, ma anche acconsentendo a quella luce, a quel sogno. Che Dio iscrive in ognuno di noi. Ognuno si porta dentro iscritta la bellezza, perché Dio non può iscrivere se non bellezza. Poi a noi appartengono anche le ombre.

E ce lo ha ricordato la pagina della Genesi che attraverso miti ci racconta la storia dell'umanità, la nostra storia, quella personale e quella collettiva. Non sempre acconsentiamo alla luce. Non sempre acconsentiamo alla bellezza che ci abita. Anche se questa destinazione, alla bellezza, è come se la portassimo nella carne dall'inizio.

Non ce lo ha forse ricordato la lettera agli Efesini? Raccontandoci di Dio che "ci ha scelti - notate il plurale - ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità". La storia della ragazza di Nazaret e del suo annuncio di maternità è stata racchiusa oggi in poche righe. Un angelo entra nella casa, le dice: "Rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te". "Rallegrati, tu che sei stata ricolmata di grazia".

Tu sei il segno di un Dio che non misura, smisurato, debordante nel fare grazia, nell'amare. Sarai per sempre il segno di un Dio della dismisura, qualunque cosa accada. "Il Signore è con te": ha cancellato la distanza, non è chissà dove, non è nella grande città, non è nella solennità del tempio, non è nel fasto delle liturgie, è con te, è nel sogno che ti abita. Mi sono chiesto se non è questo ciò che dovremmo, da ora in poi, riconoscere in noi, se non è questo ciò che dovremmo dire a chiunque: "Rallegrati, il Signore è con te".

"Rallegrati" è parola in controtendenza, è parola contro la paura, la paura di Dio. Anche Maria si sente sfiorare da un brivido di "paura" e l'angelo a dirle: "Non temere". La storia della ragazza di Nazaret è segno della vittoria dell'allegria sulla paura: "Rallegrati". Dio non chiude sulla paura. Nemmeno chiude sulla paura le nostre storie che non sono sempre immacolate, apre alla grazia, apre ad una scommessa di fiducia. Su ogni donna e su ogni uomo, Nonostante tutto. E sottolineiamo questo: "nonostante tutto".

La pagina della Genesi, che oggi abbiamo ascoltata, nei versetti che immediatamente la precedevano ricordava la paura. Adamo, il terrestre, e la sua donna per paura si nascondono tra gli alberi del giardino. Il terrestre a Dio che gli chiede: "Dove sei?" risponde: "Ho udito la tua voce nel giardino, ho avuto paura perché sono nudo e mi sono nascosto". La nostra nudità - essere nudi di umanità - ci fa nascondere e ci fa vivere di paure.

Ebbene, oggi, giorno di apertura del giubileo della misericordia, vorrei sostare su questa pagina della Genesi, colma di allusioni, per notare come l'ultima parola non sia il peccato, il fallimento, la condanna. L'uomo e la sua donna non vengono maledetti e neppure muoiono come era stato loro minacciato. La pagina chiude con una promessa di bene, vincerà nel corso delle generazioni della donna, nel corso della vita, il bene sul serpente.

Adamo può guardare in viso la sua donna e quasi per una sfida, in giorni che hanno sapore di tragedia, chiamarla Eva, in ebraico Chawwah, termine che nella sua radice dice "vita", Eva, madre di tutti i viventi. Non si chiude con il peccato, si apre con la misericordia, la porta non è sbarrata, si apre una porta. Questo fa Dio. Dio è uno che apre la porta. Con la sua misericordia dà un segno di vita.

Ed ecco che cosa fa Dio, versetto tralasciato nel nostro brano, ma di una bellezza struggente: "Il Signore Dio fece per il terrestre e la donna tuniche di pelle e li vestì". Questo è Dio apre, veste. Ricordate la parabola di Gesù, quella del padre che apre la casa al figlio che se n'era andato, lo veste della veste più bella, gli inventa una festa? Non sta a far filippiche per il passato. Lui crede nel futuro.

La porta del giubileo è un simbolo è per dirmi che non devo temere, che non devo vivere nella paura della mia nudità, che la misericordia mi rimette in cammino. Questo è il messaggio, quello essenziale, del vangelo. E Gesù - ricordatelo! - fu giustiziato per aver annunciato questo. E questo deve essere il messaggio, il primo, della sua chiesa.

Questo, papa Francesco ha voluto fosse il messaggio per questo giubileo: raccontiamo il volto della misericordia di Dio. E badate bene, anche su questo si dovrebbe sostare - ne faccio solo un accenno - dire misericordia non significa far piovere dall'alto una sorta di compassione, quasi dicessimo "oh poverini!". Non è questa la misericordia di Dio. Che va invece a riconoscere e a scommettere sulla bellezza che è in te. Dio ti riconosce dignità vestendoti.

Ritorniamo a Nazaret, all'invito a rallegrarsi che ha una motivazione: "Rallegrati, il Signore è con te". E' l'invito dell'angelo a riconoscere che Dio è con te, è in te. Mi sono chiesto se a noi non toccherebbe questo, se l'anno del giubileo non dovrebbe vederci impegnati in questo: a dire, ma ancor prima che con le parole, con gli occhi, che puoi ripartire - dovunque uno di noi sia, per denudato che sia - puoi ripartire dalla bellezza che ti abita, dai segni di vita che ti abitano, dal soffio dello spirito che ti abita, da Dio, che è in te e ha volto di misericordia.

La parola "giubileo" ricorda in ebraico il suono del corno che apriva giorni di novità, di nuova armonia. Per i singoli e per la terra. Dio ti ha fatto grazia, va' a costruire armonia. Suona il corno. Non voci cupe o volti cupi: "Rallegrati, Dio è con te". Dillo a tutti, dillo con il tuo modo di essere, con il tuo volto di misericordia, dillo a tutti. E sarà come l'entrare di un angelo nella casa. Come quel giorno a Nazaret, nella casa di Maria.

 

 


 
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