la parola della domenica

 

Anno liturgico C
omelia di don Angelo nella seconda Domenica di Quaresima
secondo il rito ambrosiano


21 febbraio 2016



 

 

Dt 6,4a; 11,18-28
Sal 18
Gal 6,1-10
Gv 4,5-42

Leggiamo e rimaniamo con il fiato sospeso. Percepiamo che questo incontro fa parte degli incontri veri, incancellabili - nella vita non tutti gli incontri sono così veri, incancellabili -. Il pozzo e l'ora: "era circa mezzogiorno", l'inizio dell'incontro. Quanto sia durato non lo sai. Quando un incontro è vero, il tempo passa, si srotola e non te ne accorgi. Quando un incontro è vero, incancellabile, di quante cose più non ti accorgi!

Della stanchezza per esempio: "affaticato per il viaggio sedeva al pozzo"! Scomparsa la stanchezza! Ti dimentichi della sete. Le dice: "Dammi da bere". Prepotente la sua sete? Scomparsa. Anche lei presa dall'incontro. Ma come? Non sei venuta ad attingere acqua? E abbandoni l'anfora al pozzo. Succedono cose come queste. Quando un incontro è vero.

Per capire, forse dovremmo andare a qualche incontro della nostra vita che è stato o è ancora per noi come bere acqua a un pozzo. Io riduco l'orizzonte della pagina e ve ne chiedo perdono. Vorrei dirvi che la pagina mi è sembrata una festa, la festa del desiderio. Che valore diamo al desiderio? Che posto ha il desiderio nella nostra vita? E che posto ha il desiderio dentro il cammino della nostra fede?

Festa del desiderio di Gesù, desiderio di incontrare la donna samaritana. Fa una deviazione di strade e quando si devia scientemente per un'altra strada, nella scelta si nasconde un desiderio. Vorrei anche dire che il desiderio di Gesù viene prima, prima del desiderio della donna. All'inizio - ed è notizia buona - c'è sempre un desiderio di Dio. Anche nei tuoi confronti.

E poi il desiderio della donna, un po' mascherato, ma neanche tanto, sotto le sue domande che nascondono, ma neanche tanto, altro; domande sull'identità di quello straniero così fuori dal comune, che a sua volta apre domande sulla sua vita, la sua di donna, sulle sue storie d'amore. Erano poi state storie di un desiderio o erano state storie di altro? Storie che raccontavano un vero desiderio d'acqua profonda o semplicemente un rapporto-consumo?

Desiderio o consumo? E Gesù sembra aprire per tutto il racconto la domanda: desiderio o consumo? Già l'acqua, quella del pozzo di Sicar: la consumi, e devi ritornare. Ma non c'era forse in lei il desiderio di un'altra acqua? Lo straniero l'aveva chiamata acqua che zampilla sempre, per la vita eterna, dunque non si consuma.

Desiderio o consumo? E poi la religione! Se la religione si riduce alla questione di un monte o di un altro, di un rito o di un altro, di un dogma o di un altro, di un codice o di un altro, che cosa è se non una religione ridotta a consumo. O c'è dell'altro in una religione? C'è una dimensione di intimità? Quella che lo straniero chiamava "adorazione in spirito e verità". Inconsumabile!

E poi la cura della vita. Prendersene cura è anche andare in città a fare provviste di cibo, ma la cura del cibo copre tutto l'orizzonte? Il desiderio che senti dentro è circoscritto al cibo che si consuma? "Rabbi, mangia". E Gesù: "Io ho da mangiare un cibo che voi non conoscete". E loro a chiedersi se qualcuno gli avesse portato qualcosa da mangiare. Magari la donna!

E poi chi è quella donna, perché parla con lei? Nemmeno si sognano che cibo può essere anche "parlarsi". Soprattutto se è un parlarsi dal profondo. No, il cerchio per loro, i discepoli, si chiude nel cibo di cui hanno fatto provvista. Non li sfiora che cibo può essere fare la volontà di Dio, cosa che per il loro maestro è sacra. Non li sfiora il pensiero che per lui volontà di Dio è scavare un pozzo nella donna, un pozzo di domande, "Che sia il Messia"? Lui che non l'aveva giudicata.

Gli uomini religiosi alla constatazione dei cinque mariti avrebbero reagito con chissà quale indagine: reprimende a non finire, censure su censure. Lui, per tutta risposta, l'aveva guardata negli occhi, le aveva letto nel cuore un altro desiderio. Era uno che sognava, ad occhi aperti, e guardava in avanti, mai indietro: vedeva, in anticipo di tre mesi, il fiorire delle messi. Le vedeva, quasi fossero mature nell'oggi e invitava guardarle. Bisogna avere i suoi occhi.

Mi chiedo se non sia proprio questo - a fronte di una vita ridotta a consumo, consumare cose, persone, eventi - se non sia proprio questo il desiderio: scavare pozzi, sognare messi, farsi domande, non chiudere l'orizzonte, credere negli incontri. Si parte da poco, magari da un pretesto. Parti dal fatto che lo straniero non possiede niente con cui attingere l'acqua del pozzo. Ma poi, di parola in parola, ti accorgi, dal modo con cui ti guarda, che in qualche modo tu gli appartieni.

E assisti a uno scavo. Alla fine ti accorgi che il pozzo, lo scavo, l'acqua sta gorgogliando in te. Hai desiderio di conoscere e anche, un po', di farti conoscere. Ebbene penso che alla fede appartenga l'immagine del desiderio, dell'incontro e non già quella di una cascata di precetti. Pensate che noia una chiesa che si avvita sulla cupezza, sulle condanne, sui giudizi, più o meno universali. E dimentica di sognare come faceva il suo Signore.

Che tristezza! Ha ridotto la fede a consumo. Una chiesa che anziché riconoscere il desiderio e dilatarlo, si riduce a offrire pillole. Alla mente mi ritorna - e chiudo - una pagina che molti di voi conoscono, una pagina famosa del Piccolo Principe di Antoine de Saint-Exupéry, che parla di acqua e di mercanti di pillole:

"Buon giorno", disse il piccolo Principe. "Buon giorno", disse il mercante. Era un mercante di pillole preconfezionate, che calmavano la sete. Se ne inghiottiva una alla settimana e non si sentiva più il bisogno di bere. "Perché vendi questa roba?", disse il Principe. "È una grossa economia di tempo", disse il mercante. "Gli esperti hanno fatto dei calcoli. Si risparmiano cinquantatre minuti alla settimana". "E che cosa se ne fa di questi cinquantatre minuti?". "Se ne fa quel che si vuole...". "Io", disse il Principe "se avessi cinquantatre minuti da spendere, camminerei adagio adagio verso una fontana...".

Camminare adagio adagio verso una fontana. La nostra quaresima, la salvezza del desiderio.

 

 


 
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