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Simone Mosca, Repubblica, intervista don Angelo il 17 dicembre 2014



Diario di un curato di città


Risiede nel convento adiacente alla parrocchia di San Francesco di Paola, in via Montenapoleone, dove le feste sono tappeti rossi e lustrini e si celebrano sfilando, se si può, con sacchetti gonfi di lusso. In un'enorme palla appesa tra gli addobbi è camuffato un altoparlante, diffonde a ritmo incessante Ay, ay, ay it's Christmas di Ricky Martin. Don Angelo dalla poltrona non sente, sorride. «Hanno ucciso il Natale nelle vetrine, è vero, ma lo ritroveranno nel Vangelo e sarà di nuovo una rivoluzione».

Anni 83, parroco di lungo corso tra Lecco e Milano e soprattutto poeta e scrittore, Don Angelo Casati ha un'espressione mite, sempre conciliante. Basta però leggere quel che scrive per capire che per lui potrebbe valere la definizione che a volte si usa a proposito dei modi dolci e ostinati dei gesuiti: pugno di ferro in guanto di velluto. «No, non appartengo a nessun ordine, però visto che Papa Francesco è gesuita, potrebbe essere un complimento».

In libreria Casati esce per Il Saggiatore con "Il sorriso di Dio", un'antologia di suoi scritti. Il titolo, ammiccante, inganna. «È stato l'editore a scegliere così, per la verità io avrei voluto intitolarlo «Diario di un curato di città», che poi è il titolo di una delle tre raccolte contenute nel libro». Dove versi e riflessioni quasi sempre partono dalle esperienze di Casati tra i fedeli, tra la gente, in strada.

Padre impiegato, madre casalinga, nato in un palazzo di viale Abruzzi oggi celebre per il Bar Basso, Casati entrò in seminario a 13 anni, ebbe la vocazione a 18 «chiamato dall'umanità di Gesù». Altre figure destinate a segnarne il sacerdozio arrivarono dopo. «David Maria Turoldo mi convinse a scrivere versi, io ero ammirato dei suoi. Era un uomo con un vangelo in una mano e il quotidiano con le notizie fresche nell'altra. Sapeva che la chiesa doveva essere dentro il mondo, in ascolto, aperta. Una volta disse: basta che uno sia un uomo perché tu ti debba fermare. È una lezione che non ho mai dimenticato».

E poi il Cardinale Martini. «Un'anima luminosa, oltre che un pastore di immensa statura. Mi affascinò da subito perché era un biblista, sapeva ripartire dalla parola, ridare smalto al meraviglioso affresco che abbiamo appesantito nei secoli». Casati ha vissuto da vicino (una volta da ospite) anche l'idea di Martini della Cattedra dei non credenti, incontri con personalità, atee e non, a proposito dei grandi dubbi universali.

«Martini aveva curiosità degli altri, non intendeva riempire le coscienze come vasi. Voleva una chiesa che parlasse solo dopo aver ascoltato». Nel libro una prostituta scrive al "caro Don Angelo" dopo aver visto un frate correre in via Palestro. «E questa donna invidia al frate la sua libertà. Bisogna tornare a correre nelle strade. Gesù era così, libero di correre». In un altro episodio del libro viene in mente il tentativo dello scorso novembre della diocesi ambrosiana di censire le scuole cosiddette pro-omosessuali. «Una bambina venne da me a confessarsi. I genitori avevano divorziato. Lo ricordo come fosse ieri. E a un certo punto mi dice che suo padre è omosessuale e Dio non lo perdonerà. Una chiesa che non sa rispondere alla sofferenza di una bambina è inutile. L'amore di Dio va oltre l'omosessualità, se ritornassimo alle parole del Vangelo non parleremmo neppure dell'argomento».

Ne "Il sorriso di Dio" ricorrono le parole di Martini, quelle di Angelo Scola mai. «Martini è stato un pastore con un passo svelto, era difficile stargli dietro». Di recente l'arcivescovo Scola ha accusato Milano, irritando il sindaco Pisapia, di non avere un'anima. «Basta andare in periferia per trovarla — dice don Casati — Ho conosciuto una signora che dopo aver perso il lavoro ha fondato un'associazione che si chiama Reagire. Solo le cose vive, con un'anima, reagiscono».

Simone Mosca

 

 

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