articoli di d. Angelo


 

LE FIACCOLE ACCESE, VESTITI A FESTA


Sto scrivendo di una veglia. E nel cuore mi rimormora la melodia di un canto, con cui siamo soliti al Vespero destare la luce, nella penombra assorta della nostra chiesa:
"Nella notte, o Dio, noi veglieremo
con le lampade, vestiti a festa.
Presto arriverai
e sarà giorno".
I giorni - e forse anche i cuori - puntano sempre più verso la Pasqua del Signore. E già mi raggiunge, quasi fosse nell'aria, ora più luminosa, l'eco del Preconio pasquale:

"Questa notte dobbiamo attendere
che il nostro Salvatore risorga.
Teniamo dunque le fiaccole accese
come fecero le vergini prudenti".

Ogni volta che il pensiero corre alla veglia pasquale, mi prende come un velo di tristezza, quasi mi trovassi di fronte a una creatura, defraudata, nella stima generale, di qualcosa che le appartiene di diritto, di una sorta di primogenitura.
Non è forse questa infatti la veglia che è al di sopra di tutte? Eppure i cristiani continuano a dare più importanza e ad accendersi d'emozione per la Messa nella notte di Natale e a darne molto meno alla Veglia pasquale.

VEGLIARE LA NOTTE

Eppure nella vita si veglia.
Si veglia per cose che contano, a volte preziose e care, e per cose di minor conto.
Vegliano nelle case papà e mamme per un bambino che piange o per un figlio che ancora non è rientrato; vegliano di una veglia interminabile i malati negli ospedali; vegliano nell'attesa gli innamorati; vegliano i ragazzi all'approssimarsi di un esame...
E si veglia purtroppo anche sul vuoto.
È la nostra veglia quando consumiamo le notti nella fatuità o nello stordimento; è la veglia al Congresso dei partiti, dove i giochi sono già fatti, le parole sono quelle di sempre e i riti sempre più irritanti, quasi un insulto ai problemi gravi della gente.

Torneremo a vegliare per la Pasqua?
Pur se ci rimane ancora molto cammino, continuiamo a sognare il giorno - chissà lontano? - in cui i credenti faranno ancora della veglia pasquale la grande notte in cui vegliare con le fiaccole accese, vestiti a festa.

LA NOTTE DEL RICORDO

Vegliare raccontando.
È la notte dei ricordi:
"Lo svolgersi di questa veglia santa
tutto abbraccia il mistero della nostra salvezza.
Nella rapida corsa di un'unica notte
si avverano preannunzi e fatti profetici di vari millenni".
(dal Preconio pasquale)

Notte in cui contemplare la storia e vederla attraversata dal bagliore di Dio.
Veglia in cui riportare al cuore il suo passaggio nelle notti del tempo, anche se le orme si sono fatte invisibili, quasi tracce sull'acqua:
"Sul mare era la tua via
i tuoi sentieri sulle grandi acque
ma le tue orme rimasero invisibili".
(Salmo 77, 30)

Né sarà - tu lo sai - una notte di pura nostalgia.
Ricordare significa riportare al cuore. E se il cuore per avventura si accende al ricordo, illumina del suo chiarore ogni cosa.
Una generazione che non ricorda è generazione senza radici, ma anche senza futuro. Così come senza futuro è un albero cui sono state recise improvvidamente le radici.
"L'uomo è tra i suoi ricordi. Abita in mezzo ad essi: sono la sua casa, la sua dimora interiore, ricca di tesori del passato suo e altrui.
Anzi l'uomo è i suoi ricordi. Senza ricordi l'uomo è privo di identità. È come uno smarrito che non sa chi è, né da dove viene, né dove va" (Silvano Fausti).
Veglia dei ricordi dunque, o, meglio, veglia del grande Ricordo: più grande non ve n'è, né ve ne sarà.
Memoriale della Pasqua, del Passaggio dalla Morte alla Risurrezione, che "oggi" illumina i nostri volti e la nostra vita.
Memoria che non si consuma, pur tra innumerevoli memorie inghiottite nel nulla.
Memoria che ci segna, ci rialza nella notte, ci rimette in cammino e ci riaccende.

RICORDA E RACCONTA

Il ricordo nella notte si fa racconto.
Racconto di un Dio che ci ha sorpresi né finirà mai di sorprenderci.
Non è venuto, come altri dei, a pretendere dall'uomo gesti di servile sottomissione o tributi di vassallaggio: "Il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito" (Mt 20, 28). Ha rovesciato l'immagine di Dio ponendo come suo il gesto di un'incondizionata amicizia: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici" (Gv 15, 12).

Ricorda e racconta.
La veglia si fa racconto. Ma il racconto chiede di essere dilatato per le strade, nelle case. Dove quasi non c'è più tempo per raccontare; o c'è tempo per raccontare tutto, mano che la grande Memoria.
Forse anche i crocefissi pendono muti dalle pareti, né v'è chi ne interpreti il segno, chi perda tempo a raccontare ai figli ciò che il Signore ha fatto per noi.
"Interroga tuo padre
e te lo farà sapere
i tuoi vecchi e te lo diranno".
(Deut 32, 7).

E SCRIVERE PAGINE LUMINOSE DI STORIA

E il racconto si fa storia.
Non puoi raccontare l'amore e scrivere pagine di egoismo, se sai ciò che racconti.
C'è infatti una differenza abissale tra raccontare e recitare.
Raccontare la Memoria di un Dio solidale con l'uomo e scrivere pagine di solidarietà. Così la Memoria dilaga nella storia, rivive nell'oggi.
Il pensiero mi corre a una pagina incantevole del libro del Deuteronomio, là dove, nelle parole di Mosè al suo popolo, la Memoria della liberazione dall'Egitto - la grande Memoria degli Ebrei . viene legata a gesti di quotidiana solidarietà:
"Non lederai il diritto dello straniero o dell'orfano e non prenderai in pegno la veste della vedova, ma ti ricorderai che sei stato schiavo in Egitto e che di là ti ha liberato il Signore tuo Dio; perciò ti commando di fare questa cosa.
Quando, facendo la mietitura nel tuo campo, vi avrai dimenticato qualche mannello, non tornerai indietro a prenderlo; sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova, perché il Signore tuo Dio ti benedica in ogni lavoro delle tue mani.
Quando bacchierai i tuoi ulivi, non tornerai indietro a ripassare i rami: saranno per il forestiero, per l'orfano e per la vedova.
Quando vendemmierai la tua vigna, non tornerai indietro a racimolare: sarà per il forestiero, per l'orfano e per la vedova.
Ti ricorderai che sei stato schiavo nel paese d'Egitto; perciò ti comando di fare questa cosa".

Incantevole la pagina. Incantevole il gesto di lasciare all'indigente spighe di grano, grappoli d'uva, bacche per spremere l'olio, senza fargli patire l'umiliazione di chi si sente fare la carità.
E tutto perché "anche tu fosti schiavo in Egitto e di là il Signore tuo Dio ti ha liberato".

Con le fiaccole accese dunque, vestiti a festa, a vegliare. E la Memoria diventi racconto, e il racconto storia quotidiana.

don Angelo


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